Stelle danzanti alla ricerca del virus

Danziamo, danziamo, altrimenti siamo perduti, il motto della grande coreografa tedesca Pina Bausch fatto proprio da due scienziate, due fisiche con incarichi più che cruciali in questo momento. Sono Fabiola Gianotti,  direttrice generale del CERN, e Lidia Pieri, Chief Executive Officer di Sibylla Biotech. Il CERN è il Conseil européen pour la recherche nucléaire, con sede a Ginevra;  Sibylla Biotech è una società di ricerca bio-farmaco-informatica, costituita da Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), Università di Perugia e Università di Trento, con sede a Verona. Più che farla propria, le due studiose l’hanno incarnata, praticata quella frase, senza forse neanche conoscerla, o prima che la Bausch la coniasse. Ballerine, danzatrici, infatti, lo sono state entrambe. Classica la prima, vertiginosa performer di tango argentino la seconda. E la danza è solo un aspetto della loro più generale apertura all’arte. Fabiola Gianotti è una pianista ancora praticante, diplomata al Conservatorio di Milano; Lidia Pieri, è una poetessa, scrittrice, con diversi riconoscimenti della sua opera letteraria. 

Va però precisato anche un diverso grado di prestigio scientifico tra le due studiose e gli istituti che rappresentano. Il 4 luglio 2012 Fabiola Giannotti – quale coordinatrice di uno dei più grandiosi esperimenti scientifici internazionali – annuncia al mondo l’osservazione di una particella compatibile con il bosone di Higgs, o bosone X, o particella di Dio: ossia ciò che ha permesso all’Universo di costituirsi un centesimo di miliardesimo di secondo dopo l’esplosione del Big Bang. Più giovane e con una carriera più breve alle spalle, Lidia Pieri si laurea in fisica a Roma quando Gianotti è già coordinatrice a Ginevra di tremila studiosi, provenienti da trentotto paesi nel mondo, attorno all’esperimento dell’acceleratore di particelle Atlas. Oggi Pieri dirige Sibylla Biotech, società fondata anche da INFN, che partecipò con Fabiola Gianotti al calcolo computerizzato per l’individuazione del bosone X. E il super calcolo digitale è proprio ciò queste due stelle danzanti, cacciatrici delle particelle subatomiche immettono nella ricerca bio-tecnologica sul Coronavirus.

Il CERN per poter conseguire il cruciale risultato del 2012 è ricorso a una potenza di calcolo computerizzato mai attuata prima. Oggi mette questa capacità – nel frattempo accresciuta – a disposizione dell’istituto diretto in Florida dalla virologa Ilaria Capua. Il team di studiosi di ogni disciplina, riunito sotto il nome di Yellow Submarine, può disporre di un intero settore del CERN dedicato alla ricerca su Covid-19. Alla stessa stregua, il progetto diretto da Lidia Pieri sta intrecciando la ricerca virologica con una rete di super computer tra i più prodigiosi al mondo. La biblioteca chimica, su cui tale rete pesca, è costituita da più di 500 miliardi di molecole. Ne può scandagliare fino a 3 milioni al secondo, su 30 diversi target di ricerca, per un costo di 4.000 € ogni miliardo di dati processati. Lo studio è effettuato in-silico, ossia in una simulazione della realtà biologica sub-molecolare effettuata attraverso le componenti al silicio su cui girano i computer. Covid-19 ha una proteina di superficie chiamata Spike. Questa si infila perfettamente – come una chiave dentro la propria serratura – nella proteina ACE2, presente nelle cellule umane tanto dell’endotelio polmonare, quanto di altri tessuti del cuore e dell’intestino. Le proteine assumono la loto struttura definitiva attraverso un complesso processo di relazioni incrociate e ripiegamenti, detto folding proteico. Lo screening digitale sta cercando di rintracciare tutti gli innumerevoli assetti possibili di folding degli amminoacidi di ACE2. Lo scopo è enuclearne uno stato in cui sia possibile inserire una proteina che intoppi, occluda il più possibile il buco della serratura. Una volta individuata in-silico, e resa in immagine 3D, tale possibilità, si tratterà di sperimentarla dal vero. Un simile scandaglio richiederebbe un numero proibitivo di anni, senza le attuali capacità di calcolo di super sistemi digitali collegati tra loro. La rete, però, è costituita non solo dallo sterminato numero di microchip, ma anche da centinaia, migliaia di menti e sensibilità umane connesse tra loro, che valutano i dati, cercando di indirizzarli strategicamente. Una sempre più ampia collettività interdisciplinare, un’intrecciata comunità intellettiva, quale assetto da cui la scienza contemporanea non può e non vuole più prescindere.

La ricerca sulle particelle subatomiche ha aperto e continua a squarciare conoscenze che si estendono alle dimensioni dell’intero Universo, o Multiverso, per i molteplici universi paralleli che lo costituiscono. Alla stessa stregua, la ricerca biologica subcellulare, può dischiudere a scoperte che stanno al fondo, nel sottosuolo più nascosto dell’esistenza transpecifica, ossia comune a ogni specie. L’umano potrebbe così tramontare e sfociare nell’oltreumano, ossia nell’universalità di una materia, di una coscienza, di un pensiero che si costituisce come autentica e perciò intramontabile infinitezza.

Bisogna avere un caos dentro di sé per generare una stella danzante, scrive Friedrich Nietzsche, e lui stesso voleva iscriversi alla Facoltà di Fisica. Attribuita invece al lirico greco Simonide è invece: La danza è una poesia muta; la poesia una danza parlata. Nel V secolo a.C. non c’è ancora distinzione tra danza, musica, poesia, filosofia, scienza, matematica. L’intrinseca danza della materia, ossia la teoria atomistica già nel VII sec. a.C. inizia a baluginare, per poi essere fatta sfolgorare da Leucippo, Democrito ed Epicuro. Forse di questo Fabiola Gianotti e Lidia Pieri sono sensibile memoria esistente. Tanto che non ci si dovrebbe più ostinare nel negare a ragazze e ragazzi di imparare l’arte della danza dentro le scuole di ogni ordine e grado.

di Riccardo Tavani

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