La gioia perfetta

Una sera d’inverno particolarmente fredda, nel XII secolo, Francesco di Assisi, per noi sorello Francesco, si recava da Perugia a Santa Maria degli Angeli in compagnia di uno dei suoi sorelli: Leone. Francesco che era già un diverso, con l’aura della santità, viveva in assoluta povertà e castità, con una gioia immensa dentro il cuore. La sua vita era in armonia con il creato, parlava con gli uccelli, gioiva della bellezza della natura, chiamava l’acqua sorella, così sorella luna. Condivideva con amore il poco o niente che aveva, un tozzo di pane raffermo o un frutto caduto da un albero. Era attento a non calpestare le formiche, e i grilli. Era felice, anzi beato di tutto ciò che non aveva, gioiva della sua povertà e castità nella verità.

Durante il cammino, sorello Francesco rifletteva a voce alta, esprimendo “tutto quello che non è la gioia perfetta”, cioè, non è la gioia perfetta la santità, non lo sono i miracoli ne la conoscenza totale, non lo è l’onniscenza e nemmeno la conoscenza della lingua degli angeli. Disorientato da queste riflessioni, sorello Leone gli chiede:

Ma allora, dov’è la gioia perfetta?

Leone pensa che Francesco gli risponda la preghiera o la contemplazione di Dio. Ma Francesco gli dice: quando saremo a Santa Maria degli Angeli, fradici di pioggia e congelati dal freddo, sporchi di fango e affamati, e busseremo alla porta del convento, il sorello portinaio arriverà arrabbiato e ci dirà con voce irata:

Chi siete? E noi gli risponderemo che siamo due sorelli.

Lui ci risponderà: Non è vero, siete due malfattori che andate in giro a imbrogliare la povera gente e a rubare le elemosine dei poveri. Andatevene!

E quando non ci aprirà e ci farà restare fuori nella neve, sotto la pioggia gelata al freddo e alla fame, fino a notte fonda. Fino al mattino. Allora, solo allora, disse sorello Francesco, se sopporteremo con pazienza è amore, senza turbamento e senza mormorare contro di lui offese o male parole, malvagità e sgarberie, in quel momento, se penseremo con umiltà e carità che il portinaio ci conosce davvero, e che è Dio a farlo parlare contro di noi, allora sorello Leone, scrivi che quella è la “gioia perfetta”.

Sorello Fabrizio e Sorello Claudio

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