LA CITTA’ CHE CURA

silviaQuando un esperimento sociale e terapeutico si trasforma in cittadinanza attiva e solidarietà.

Un modello unico in tutta Europa, il cui obiettivo è migliorare la salute dei cittadini, ponendo attenzione alle loro condizioni socio-affettive. Questo modello di sanità si basa sulla conoscenza del territorio, sapere chi vi abita e prendersene cura, cercando di migliorare il benessere affettivo prima di medicalizzare. Le MICROAREE, sono dei luoghi di primo intervento, luoghi dove il team di psicoterapeuti e di volontari creano a base dove stabilire il centro sociale e paramedico.  Erika Rossi, nella sua opera, ci mostra come funziona uno di questi centri di solidarietà cittadina, in un quartiere periferico di Trieste.  La centrale operativa è il “portierato” di Ponziana, un quartiere per lo più popolato da anziani, che  vivono soli e che sempre più raramente escono di casa, la vecchia stanza del portiere, viene adattata a centro polivalente, in cui i medici, gli assistenti sociali, gli psicologi e tanti volontari si occupano personalmente delle persone bisognose. La storia racconta come la protagonista, Monica entrando nelle case e soprattutto nelle vite degli altri personaggi, riesce a portar loro una ventata di vitalità e conseguentemente di salute.

Un mondo nascosto, fatto soprattutto di semplici “malati di vecchiaia”, persone imbottite di psicofarmaci, incapaci di reagire, che si accontentano di scivolare silenziosamente nella vita un giorno dopo l’altro, incapaci di viverla veramente, come l’anziano Plinio che vola leggero sulla tastiera del suo pianoforte, non avendo più voglia e coraggio di uscire di casa, intristito ed impaurito da quello che lo aspetta fuori dalle sue protettive quattro mura.  Bella anche la storia di Maurizio paziente del Sert, ex tossico ed alcolista e di Roberto invalidato dopo un ictus che gli ha compromesso l’uso della parola, i quali cercano di reinventarsi grazie al supporto di Monica, che li spinge a partecipare ad un corso di teatro. Entrambi recitano e si impegnano nello studio della parte, vivono un’altra possibilità, nella vita che non è stata tenera con loro. Un universo parallelo al nostro, quello fatto di invalidi e indigenti che vivono con pensioni mensili da meno di quattrocento euro al mese, anziani rimasti senza familiari, costretti a passare gli ultimi anni della vita dentro casa, come murati vivi solo perché impossibilitata a scender le scale del palazzo.

Monica, semplicemente li conosce, impara a capire chi sono e si prende cura di loro con affetto vero, li scuote con la sua allegria e leggerezza, li costringe a vestirsi, a muoversi, con la sua competenza li accompagna a curarsi, li pesa, li porta dal medico, o semplicemente li invita a scendere al portierato dove i volontari preparano il pranzo per tutti.

Questo progetto cittadino delle MICROAREE possiede un metodo vincente: si esce dalla sala con la voglia di poter dare una mano, essere d’aiuto per qualcuno, magari proprio il vicino di casa. Questi dieci anni di sperimentazione a Trieste, dati alla mano, hanno dimostrato scientificamente che nelle microaree dove si è applicata questa metodologia, la gente si ammala meno: ci sono meno ricoveri, la solidarietà è curativa, lascia qualcosa che riempie l’anima all’anziano che di conseguenza affronta le giornate che gli restano da vivere in modo meno forzatamente isolato e solitario. Si perché in effetti, la vera malattia, quella che poi a cascata si porta dietro tutte le altre, non è altro che la solitudine.  Infatti se il bisognoso viene seguito principalmente come un amico di cui prendersi cura e non come un paziente, i risultati si vedono chiaramente in base alle statistiche sanitarie che rilevano netti cambiamenti in positivo, nei luoghi come Ponziana dove gli anziani vengono considerati vecchi nonni da andare a trovare per cucinargli un piatto di pasta o da accompagnare dal medico o in farmacia, e non vecchi pazienti terminali. 

Oggi a Triste sono presenti 16 microaree per un totale di 18.000 abitanti e grazie al contributo di chi ha creduto in questo metodo si riesce a salvare molte vite. Delicata ma toccante la regia di Erika Rossi, triestina doc, già autrice di “Il viaggio di Marco Cavallo” e“Tutte le anime del mio corpo”, che prende spunto dal libro “La città che cura. Microaree e periferie della salute” di Maria Grazia Cogliati Dezza e Giovanna Gallio. La regista ha seguito con particolare affetto e attenzione il progetto terapeutico rivoluzionario MICROAREE, che è potuto partire proprio nella sua città, Trieste, grazie al terreno fertile lasciato in eredità dalle battaglie e alle idee di Franco Basaglia che negli anni ’70 ha stravolto e rivoluzionato le norme in campo psichiatrico, proponendo una cura diversa ed ottenendo la chiusura dei manicomi.

Prodotto da Tico Film, vincitore della Borsa di Sviluppo Premio Solinas Documentario per il Cinema, è uscito nelle sale il 2019. Potete vederlo online gratuitamente, e fidatevi, alla fine uscirete da casa alla ricerca di un gruppo di volontariato al quale unirvi.

di Silvia Amadio

 

LA CITTA’ CHE CURA

Scritto e diretto da

Erika Rossi

Con Monica Ghiretti, Plinio Postogna, Roberto Parisi, Maurizio Brandolin

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