LE MANI SULLA CERTOSA, ANCORA

La vicenda davvero sconcertante (n° 7/2019 e 2/2020 di Stampacritica) dell’assegnazione della Certosa di Trisulti al DHI (l’acronimo sta per “Dignitatis Humanae Institute” ma, come vedremo, ha ben poco a che fare con la dignità umana) ha qualche capitolo in più.

Il primo è un bel capitolo: la video-inchiesta di Giovanni Culmone, Marina De Ghantuz Cubbe e Ludovico Tallarita, vincitrice del Premio Morrione 2019. Con le sue immagini suggestive rende ancor più amaro il racconto di come un gruppo di potere, finanziato generosamente ma in modo oscuro, si sia impossessato di un monumento di grandissimo valore storico e culturale, con il fine di farne la sede di una scuola politica della quale nessuno (tranne loro) sentiva il bisogno. Una certosa del 1200 ricca di tesori artistici, una biblioteca di 36.000 volumi, un luogo di preghiera finora aperto a tutti; un’antichità preziosa in quanto unica e irripetibile, ma fragile e costosa da mantenere; qualcosa, insomma, che nessuno sceglierebbe come sede di una scuola privata, a meno che non abbia bisogno di un simbolo forte per nobilitare un progetto che nobile non è: fare una “scuola di fascisti”, come candidamente afferma la donna del cortometraggio.

Anche Steve Bannon dà un contributo divertente al documentario, quando dichiara di voler fare della Certosa un luogo dove insegnare la cultura giudaico-cristiana (“to get a grounding in the Judeo-Christian West”); la chiameremo, aggiunge, “a combat, gladiator’s school” (una scuola di combattimento, una scuola di gladiatori).

Gladiatori? Ma non rappresentano la cultura pagana? Non erano schiavi costretti a uccidersi tra di loro? Quale mai sarà il loro punto di contatto con la cultura giudaico-cristiana, basata sull’amore del prossimo e sul rispetto della sacralità della vita? Di quale valore morale erano portatori quei crudeli, quanto sfortunati assassini, divi di uno sport disumano, spazzato via proprio dalla cultura giudaico-cristiana?

E poi, che cosa hanno a che fare i gladiatori con la Certosa di Trisulti? Non vi sarete confusi con il Colosseo?

Forse ho capito: è il lapsus freudiano di chi ci vorrebbe tutti schiavi!

Grazie, Bannon, di averci fatto fare una bella risata!

Molto brutto, invece, è il capitolo relativo alla recente sentenza del TAR di Latina, che ha respinto la revoca della concessione da parte del MiBACT e l’intervento ad opponendum di 12 associazioni di cittadini. Il TAR ha dato formalmente ragione al DHI, ad onta del suo torto sostanziale: come può aver diritto a restare chi non aveva i requisiti di legge per l’assegnazione ed ha mentito per averla? Ed ha pagato il dovuto solo pochi giorni prima dell’udienza? E poi, perché mai i cittadini non hanno il diritto di opporsi ad un provvedimento ingiusto? Non hanno forse l’inalienabile diritto a che le leggi siano rispettate ed uguali per tutti?

Sebbene – si deve presumere – tecnicamente corretta, la sentenza evoca più l’azzeccagarbugli manzoniano che non lo Stato di diritto. Ma, si sa, così funzionano i TAR: hanno una loro logica formale, che i comuni mortali stentano a comprendere.

Molto brutto è anche il ritardo con cui il MiBACT ha avviato la revoca della concessione, perché il DHI si è salvato soprattutto grazie a quel ritardo inspiegabile. Harnwell stesso non avrebbe potuto chiedere di meglio: anzi, vien quasi il dubbio che l’abbia proprio fatto.

Altrettanto brutto è il fatto che il MiBACT non abbia verificato fin dall’inizio le carte – che ora dichiara false – presentate dal DHI per ottenere la concessione.

Brutto è, infine, che il MiBACT abbia accettato che vi fosse un solo concorrente per l’assegnazione di un bene di tanta rilevanza; ad essere maligni, verrebbe un dubbio anche qui: che non volesse rischiare la presenza di un concorrente più qualificato, magari più istituzionale. Sembrerebbe, ad essere ancor più maligni, che il ministero abbia sempre operato per conto del DHI, non della collettività.

Meno brutta è la notizia che Harwell sia indagato dalla procura di Roma a causa di quei documenti. Questa indagine non dovrebbe essere molto difficile né troppo lenta, visto che il ministero ha già verificato che il DHI non aveva i requisiti che millantava; sono solo pochi documenti, basta confrontarli con la realtà, come ha fatto la video-inchiesta, che mostra lo stato del preteso museo che DHI avrebbe gestito per cinque anni prima del bando. Cioè, quando, a quanto pare, non era stato ancora fondato, come ha scoperto, con un certo ritardo, il ministero.

E già… i bugiardi si tradiscono sempre da soli.

E, qualche volta, anche i ministri.  

di Cesare Pirozzi                 

Premio Roberto Morrione

La video inchiesta di Giovanni Culmone, Marina De Ghantuz Cubbe e Ludovico Tallarita ha vinto l’ottava edizione del Premio Morrione 2019 (categoria video inchiesta). Tutor: Pietro Suber. Sottotitoli in inglese. Un’indagine a partire da un’associazione, la Dignitatis Humanae Institute, che ha fatto parlare di sé in tutto il mondo. Chi ne fa parte, dal conservatore Benjamin Harnwell a Steve Bannon, vuole fondare una scuola di “gladiatori sovranisti” in un antico monastero in provincia di Frosinone. Ma non è tutto. Seguendo le impronte lasciate dal DHI, si arriva a una rete di associazioni ultracattoliche che in Italia e a Bruxelles lavorano assiduamente per limitare i diritti delle donne e degli omosessuali.

Print Friendly, PDF & Email