Cine-pillole metà sala metà web

Hanno riaperto le sale cinematografiche, non tante e non in tutte le provincie.

I Miserabili. Contenuti sociali e cinematografici a ritmo serrato. La versione europea di quanto succede tra polizia e neri in Usa. Girato nella periferia parigina nella quale Victor Hugo si ispirò per scrivere il capolavoro ripreso dal titolo. Tre poliziotti, di cui uno novello, si aggirano tra caseggiati, mercati, kebaberie, circhi equestri gitani, tra confini visibili e invisibili di etnie, bande, traffici off limits. Non usano certo il galateo per imporsi. Neanche con i ragazzini. E sarà proprio un ragazzino a far quasi esplodere il precario multi-equilibrio di tutta la zona. Come con Floyd a Minneapolis, anche qui giocano un ruolo decisivo i video schermi dei nuovi devices tecnologici. Anche qui una rivolta, non immediata, ma preparata minuziosamente, sorprendente, mozzafiato, implacabile. Grazie a quel poliziotto novello, però, la versione europea ci lascia il debolissimo, sospeso spiraglio di una possibilità diversa. In sala.

Memorie di un assassino. Intrigo giallo  e critica del potere al servizio di un capolavoro. Solo ora in Italia, ma del 2003, Bong Joon-ho, il regista di Parasite. Tratto dalla storia vera di un serial killer che sconvolge la Corea del Sud a fine anni ’80. Una serie di donne vengono uccise sempre nella stessa maniera, nelle sere di pioggia a Hwaseong, nella provincia di Gyeonggi. La polizia locale ci va giù pesante con gli interrogatori e le falsificazioni di prove, ma non riesce ugualmente a incastrare nessuno. Inviano un sofisticato giovane investigatore dalla capitale, ma la mente del killer sembra essere molto più raffinata. Il genere poliziesco – sia al cinema che in letteratura – prevede che alla fine il colpevole si trovi e la giustizia trionfi. Anche perché l’investigatore capo locale si vanta di possedere uno speciale sesto senso nell’individuare con certezza gli assassini: sono completamente diversi dalle persone normali. Ma anche la realtà sembra essere più intricata dei generi narrativi. Il finale ci pone di fronte a questo dilemma: fino a che punto un serial killer ha un volto così tanto comune, proprio come quello di chi per tanti anni gli ha dato la caccia? In sala.

Crip Camp: A Disability Revolution. Doc di alto valore civile e storico. Negli anni ’60-‘70 il vecchio campeggio estivo Jened Camp, vicino a New York, viene interamente dedicato a ospitare persone disabili di ogni tipo. A dirigerlo sono hippies, capelloni, pacifisti, attivisti politici di quei ferventi anni di impegno militante. Da questa esperienza emerge in breve tempo una leva di persone con disabilità che saprà condurre una battaglia più che trentennale per vedere riconosciuti i diritti non alla compassione ma alla piena uguaglianza sociale e civile della loro condizione. Il film si avvale delle immagini di queste persone che crescono, invecchiano dai quei primi, lontani giorni a Jened Camp, fino alle loro audizioni al Congresso, passando per lotte cruciali, come l’assedio al Ministero del Welfare, l’occupazione del Comune di San Francisco, l’arrampicata a braccia sulla scalinata del Campidoglio a Washinton. Una straordinaria comunità in stato di rivoluzione permanente, che riceve l’aiuto concreto di moltissimi altri movimenti e sindacati, dalle Pantere Nere, ai lavoratori dei trasporti, alle associazioni femministe e lesbiche. Registi: Nicole Newnham e  James LeBrecht uno dei protagonisti principali di quelle lotte, nato con la spina bifida, di cui vediamo anche immagini dell’infanzia e dell’adolescenza. Tra i produttori esecutivi Barack e Michelle Obama. Ha vinto il premio del pubblico Sundance Festival 2020. Doveva uscire nelle normali sale cinematografiche americane, ma causa pandemia le proiezioni sono saltate. Su Netflix

Sotto il sole di Riccione. Commedia balneare giovanile che riprende e riaggiorna quelle degli anni ’80. Un gruppo di ragazze e ragazzi si ritrovano in estate a Riccione, ognuno con i suoi irrisolti sogni sentimentali e di vita. La gelosia è la spola principale che tesse, disfa e ritesse ogni trama. Anche se tra incontri, incomprensioni, drammatiche separazioni  anche le labbra più smarrite finiscono per avere e dare i baci giusti. Enrico Vanzina non è solo lo sceneggiatore del film, ma anche il produttore esecutivo: soprattutto la mente e l’artefice dell’operazione. Con il fratello regista Carlo, scomparso nel 2018, fu il re del genere estivo e vacanziero. Qui si sente la mano del suo sapiente mestiere, anche se – per necessaria aderenza col presente – sia nella stesura del copione, sia nella regia si circonda di nuove leve. Solo che alla fine questi giovani – ma anche gli anziani che fanno da contorno –, a parte i cellulari con cui chattano, e la dimensione più tecno-smagliante dello sballificio romagnolo, finiscono per somigliare a quelli di Sapore di Mare 1 e 2. E come nei vecchi musicarelli, il titolo delle canzoni di successo è il traino a quello dell’omonimo film. Ma tanto ragazze e ragazzi di oggi che ne sanno delle loro vicende sugli schermi di allora. Su Netflix.

Print Friendly, PDF & Email