Migranti: bambino nasce durante naufragio

Un barcone alla deriva. Decine di sorelli, donne e uomini, aggrappati ai fasciami. Senza giubbotti o salvagenti. Bambini che urlano. Spaventati. Abbandonati alle furie del mare nostrum. Nella zona navi militari di diversi paesi è una fregata italiana. Nessuno interviene. Catturati dai cosiddetti guardacoste libici di Tripoli.

La barbarie europea si manifesta con l’indifferenza, quella italiana ancora di più con il sostegno alla Libia dei campi di concentramento, di tortura, di stupro e di violenze di ogni tipo. Nel mare, dentro il barcone alla deriva, un bambino è nato, a bordo, sotto gli occhi di 90 persone aggrappate per non affogare. La donna, una madre coraggiosa, riesce a partorire, nonostante la condizione avversa.

Una donna che partorisce senza nessun aiuto medico-sanitario, solo con l’ausilio e la solidarietà delle donne presenti nel barcone. Gli uomini si sono spostati, hanno lasciato un minimo di spazio che la situazione gli consentiva. Alcuni sporgendosi fuori dal barcone sorretti dagli altri. La cita che nasce mentre la vita viene negata.

L’agenzia Onu per i migranti (Oim) ha confermato che oltre alla donna con il neonato, a bordo c’erano anche sei cadaveri. Tutti riportati in Libia. In quel quadrante di mare, operano abitualmente le navi della Marina italiana dispiegate nell’operazione “Mare Sicuro”, che di sicuro hanno solo l’indifferenza verso i migranti che chiedono aiuto, abbandonandoli al loro destino. Lasciandoli nelle mani degli aguzzini da cui fuggono. La nave italiana poteva raggiungere il barcone in difficoltà, poteva aiutare le donne e i bambini, poteva accogliere, invece ha respinto con il tipico “me ne lavo le mani” alla Ponzio Pilato.

La Libia non è riconosciuta come porto sicuro di sbarco, eppure hanno lasciato che i migranti venissero raccolti dalle motovedette libiche. Hanno lasciato che il piccolo neonato aprirà gli occhi nel lager da cui era fuggita la madre. Nel barcone c’erano circa 95 persone, di cui 8 bambini e 20 donne. Scrive l’Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani:

“…ma è probabile che i profughi siano già stati catturati e riportati nei campi di prigionia. Compreso il neonato che come altri bambini sarà gettato con la mamma nel girone infernale delle vite a perdere”. Carlotta Sami, portavoce di UNHCR-ACNUR, l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati a detto che

“ Nessuno dovrebbe essere riportato in Libia, soprattutto chi ha subito il destino crudele di nascere dalla disperazione e in mezzo al mare. I naufraghi sono esseri umani non vuoti a perdere”.

di Claudio Caldarelli e Eligio Scatolini

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