Sì, senza timore, verso il miraggio

In questi giorni sto cercando di capire due cose che avranno un rilievo per il nostro paese, per i prossimi anni. E cioè:

  • se avremo uno sviluppo o un crollo, nell’economia e nel sociale;
  • su quali pietre miliari si fonderanno gli eventuali cambiamenti.

C’è un convincimento comune che siamo davanti all’agonia della società di oggi.

Per quanto attiene alle variazioni, siamo di fronte ad un generale timore che si avrà un grave colpo per l’economia e la finanza, ma certamente una tragedia per le fasce più basse della popolazione. E se da noi sarà un aumento della povertà assoluta, per miliardi di donne e uomini dell’Asia, delle Americhe, dell’Africa saranno pandemie più mortali, di fame, di sete.

Poi si avrà progressivamente una ripresa dell’economia, che non sarà però parallelamente legata ad una ripresa sul sociale, perché (riporto tre espressioni della scrittrice Naomi Klein):

  • la logica del profitto è in contraddizione con l’assistenza sanitaria pubblica;
  • le nostre élites economiche e politiche pianificheranno e trarranno profitto anche di fronte alla morte di massa;
  • le catastrofi discriminano: qualunque ingiustizia preceda un disastro verrà solo approfondita da esso. Gli emarginati diventano scartati, invisibili.

Per noi, anche la ripresa economica sarà complicata, perché costituita nel privato, in buona parte, da capitalisti straccioni che finora hanno venduto all’estero, incapaci di imprendere per il futuro. Basta pensare all’assenza assoluta nel settore dei metalli necessari alle batterie delle auto elettriche, settore che vede la presenza di tutti gli altri paesi produttori di auto (con una posizione primaria all’ottanta per cento della Cina).

Quanto ai cambiamenti, ci sono posizioni assai diverse, anche divergenti.

Naturalmente ci sono forti sollecitazioni di pubblicità (per le auto, per le vacanze, per i vini, per il settore della moda…) che ripropongono in pieno il mondo del profitto su un consumismo indotto. Niente di nuovo sotto il sole, anzi forzature. O forse no, sembra che la gente cominci a capire, sembra che non sia disposta a spendere denaro in qualche modo ricevuto.

Ci sono anche proposte meno esclusive, quanto meno fondate sulla logica che se si vuole che qualcuno compri è necessario che ne abbia una disponibilità veramente aumentata, che sono cioè fondate su un minimo di ridistribuzione della ricchezza, una specie di capitalismo soft.

E ci sono anche le proposte di veri cambiamenti, quando si fa riferimento all’uguale dignità, agli uguali diritti di tutte le donne e gli uomini della terra.

Ne parliamo spesso, su Stampacritica. Dopo gli Stati Generali, ci sono tracce di novità in qualche indicazione del governo del nostro paese, (non ancora del parlamento) ed anche, finalmente, nuovi atteggiamenti dell’Unione Europea. Ma molto, quasi tutto, è ancora da fare.

Ci sono anche le lucide, profetiche indicazioni di Francesco, che sono rivolte a tutti, non solo ai credenti, non solo all’Italia. Mi viene di chiamare il loro insieme “rivoluzione laica cristiana”, spero che nessuno si offenda.

Quando ho scritto agonia, all’inizio, avevo in mente la poesia di Ungaretti:

Morire come le allodole assetate

Sul miraggio                                                     

O come la quaglia

Passato il mare

Nei primi cespugli

Perché di volare

Non ha più voglia

Ma non vivere di lamenti

Come un cardellino accecato.

Ecco, mi è venuto di pensare a come noi ci porremo di fronte all’agonia della società:

no a non senza vedere la sofferenza del mondo, anzi lamentarsi, come il cardellino;

no al disimpegno, passata la crisi, perché non ci interessa cosa è cambiato, come la quaglia;

sì, un convinto sì al sentimento di fare qualcosa, finché possiamo, finché avremo vita, per orientare ed orientarci all’attuazione dei cambiamenti veri, al miraggio della rivoluzione laica cristiana, come le allodole.

di Carlo Faloci

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