Il capitalismo è la pandemia dell’umanità

Il capitalismo uccide le persone, uccide l’ambiente, distrugge il pianeta, fomenta le guerre, crea povertà. Il capitalismo è la malattia endemica di questo nostro mondo malato che crea disuguaglianza e fame.

“ Bisogna dichiarare morto il capitalismo, prima che trascini anche noi nel baratro” è il titolo di un intervento, sul quotidiano inglese The Guardian, dell’editorialista, scrittore e ambientalista George Monbiot. Lo scrittore inglese, non usa mezzi termini e sconfessa anche Stieglitz, l’economista, dicendo che “non esiste il capitalismo buono”. Sono in tanti, economisti, sociologi, intellettuali, di ogni appartenenza e provenienza, a dire che il capitalismo è il male dei mali e per questo deve essere superato con un nuovo sistema eco-solidale e sociale, che alla base abbia l’equa redistribuzione delle ricchezze. Un nuovo sistema, molti lo chiamano “un nuovo comunismo” è possibile, specialmente adesso che la pandemia ha messo in luce tutti i limiti del capitalismo. Un nuovo sistema economico che pensi al sociale, costruisca ospedali, scuole, e principalmente garantisca a tutta l’umanità l’accesso all’acqua, al pane, ai generi di prima necessità. Un sistema di fratellanza dove ognuno prende ciò che gli serve, e ciascuno da ciò che può dare. Tanto tempo fa, qualcuno prima di noi, ha detto: ad ognuno secondo i suoi bisogni, a ciascuno secondo le proprie necessità. Un antico detto, ma di una attualità inderogabile.

“Ritengo che il nostro impegno ora sia quello di individuare le proposte migliori dei diversi intellettuali e pensatori e fonderle insieme in un’alternativa coerente al capitalismo” scrive Monbiot nel suo editoriale sul The Guardian. “Siccome nessun sistema economico è solo un sistema economico, ma ha a che fare con ogni aspetto delle nostre vite, abbiamo bisogno che molte menti provenienti da innumerevoli discipline, economia, ambientalismo, politica, cultura, politiche sociali, logistica, collaborino insieme per creare un modo migliore di organizzarci, che soddisfi le nostre esigenze senza distruggere il pianeta su cui viviamo”. Abbiamo sostanzialmente due scelte possibili: fermiamo la vita per permettere al capitalismo di continuare o fermiamo il capitalismo per permettere alla vita di continuare?

L’editoriale di Monbiot prosegue dicendo che ci sono almeno due motivi, oggi, per ritenere il capitalismo superato. “ Il primo: il capitalismo è intrinsecamente fondato su una crescita continua e senza di essa collassa. Ma una crescita continua, in un ambiente dalle risorse finite, porta alla catastrofe. Un sistema basato su una crescita perpetua oltretutto non può funzionare senza periferie ed esternalità. Ci deve essere sempre una zona in cui rifornirsi di risorse senza pagarle al prezzo pieno; e una zona dove liberarsi dei costi sotto forma di rifiuti e inquinamento. Quando la scala dell’attività economica aumenta, ecco che il capitalismo sacrifica tutto: dall’atmosfera ai fondali oceanici più profondi, non c’è angolo del pianeta che venga risparmiato a questa logica del profitto.

Il secondo motivo è dato dal bizzarro “assunto secondo cui una persona ha diritto a godere di una fetta di ricchezza naturale secondo quanta ne può comprare il denaro che possiede”. Ciò porta alla corsa per il controllo esclusivo delle risorse e implica violenze e abusi, provoca l’impoverimento di una grande fetta di popolazione e la traduzione del potere economico in potere politico, come controllo sulle risorse essenziali che diventa controllo sociale”. Considerazioni che inducono a riflettere e dire che non può esserci una “crescita verde” cioè sostenibile. Come non può esistere, precisa Monbiot, un “capitalismo buono”, al contrario di quanto sostiene il premio  Nobel Joseph Stiglitz,  che sul New York Times distingue chi crea ricchezza, cioè i buoni, da chi la saccheggia, cioè i cattivi. “Da un punto di vista ambientale la creazione di ricchezza è sempre un saccheggio, dice Monbiot, perché la crescita economica presuppone il saccheggio di risorse naturali, che oltre ad essere anche di altre forme di vita, animali e piante, appartengono alle generazioni future. Il capitalismo ha fatto il suo tempo e oggi produce più male che bene”.

Dunque cosa scegliamo? Fermiamo la vita per permettere al capitalismo di continuare o fermiamo il capitalismo per permettere alla vita di continuare?

di Claudio Caldarelli e Eligio Scatolini

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