Requierendum Confutatis Maledictis

È un vero e proprio Requiem, come quello celebre di Mozart, questo Referendum sul taglio dei parlamentari. Un Requierendum. Confutatis meledictis,  confusi resteranno i maledetti, canta il coro, Flammis acribus addictis, condannati alle fiamme ardenti. E questi maledetti siamo tutti noi elettori, comunque voteremo. Tutto, infatti, resterà incompiuto in Italia, così come Mozart non completò proprio il Confutatis, causa la sua precocissima morte a trentacinque anni.

Si dice che se vinceranno i Sì sarà drasticamente diminuita la rappresentanza popolare. Come può essere diminuito qualcosa che da almeno vent’anni è già ridotto a zero? I rappresentanti del popolo, ormai, hanno dato nefaste e ripetute prove di rappresentare solo sé stessi. Neanche più i loro partiti, ma solo i loro personali interessi. E più sono il numero dei formalmente eletti, più diminuisce la rappresentanza reale. Esattamente cinquant’anni fa, infatti, in Italia si è votato per la prima volta per eleggere i membri delle Regioni. E sappiamo che alle Regioni sono state devolute molte decisive funzioni di tutta la vita politica e amministrativa della cittadinanza italiana. Attualmente sono 897 gli eletti nelle Regioni. Se assommiamo i 630 Deputati e i 315 Senatori, si arriva a 1842 rappresentanti. A essi andrebbero anche aggiunti gli attuali 76 eurodeputati, giungendo al gran bel numero di 1918 rappresentanti. E’ una rappresentanza quantitativamente alta, cui è davvero arduo oggi affermare che corrisponda una proporzionale qualità politico-sociale-amministrativa. Al contrario, non se ne può che constatare il progressivo, inarrestabile degrado. È un dato di fatto, non morale, ma strutturale. L’epoca dell’ascesa della tecno-scienza, della turbo economia, della tecno-finanza, dell’elettronica, dei social sta di fatto provocando un tramonto della democrazia. La stessa Unione Europea si fonda non su un accordo politico tra Stati, ma su rigidi protocolli economici. Coloro che sorvegliano e dirigono gli alti apparati tecnici della finanza comunitaria non li ha eletti nessuno. Di più: non sono segreti, ma è come lo fossero, dato che non li conosce quasi nessuno.

Il nocciolo decisivo del Referendum sta tutto qui. Se vincono i No, i nostri rappresentati si sentiranno ancora più autorizzati – perché confermati da un plebiscito popolare – a continuare più di prima il caravanserraglio, ossia a non rappresentarci, a operare come meglio pare loro, unicamente sulla scorta del proprio particulare. Ciò secondo la cosiddetta autonomia del politico, che oggi è svuotata di ogni fattiva e operativa sostanza e corrispondenza con i problemi reali delle comunità abbandonate dalla rappresentanza. È solo questo il vero e unico corno del problema. Con cosa e come si può risalire un tale stato di avanzato declino, o rimpiazzarlo con altro che sappia guardare al nuovo orizzonte epocale?

Quello del risparmio economico è un argomento semplicemente ridicolo. Camera e Senato hanno dei costi base fissi – per affitti, utenze, personale, consulenze, quiescenze, ecc. – che restano immutate indipendentemente dal numero dei deputati e senatori che le popolano. Una Ferrari o una Lamborghini hanno i loro esorbitanti costi fissi indipendentemente dal numero di passeggeri che trasportano. Approssimativamente questi costi ammontano attorno a un miliardo per la Camera dei Deputati, e poco più di cinquecento milioni per il Senato. Circa un miliardo e mezzo di euro in tutto. La diminuzione proposta dal Referendum inciderebbe solo per una percentuale trascurabile. Ammonterebbe, infatti, a circa 48 milioni di euro, i quali divisi per il numero di votanti, circa 51,403 milioni di aventi diritto al voto, farebbe un risparmio di circa 93 centesimi l’anno a elettore. I sostenitori del Sì farebbero meglio a non usarla prorio l’argomentazione del risparmio economico.

Ed eccoci qui confutatis maledictis, maledetti e confusi tra le fiamme dell’incompiutezza che continueranno a divorarci. È infatti del tutto evidente che un mero taglio numerico di rappresentanti non risolve proprio nulla. La non rappresentanza, di fatto, continuerà a dominare la scena parlamentare e regionale, non dipendendo essa da un fattore quantitativo, ma qualitativo. Requierendum, inoltre, perché su di esso si sta giocando una partita politica che non ha nulla a che vedere con il contenuto del quesito. È la partita dell’alternativa all’attuale maggioranza, con l’ipotizzato super governo di super Mario Draghi, di cui abbiamo altre volte qui scritto e continueremo a scrivere.

E ancora, con la scheda referendaria, noi approviamo o respingiamo solo cinque righe di quesito, quando in realtà il testo completo della riforma è di una ventina di pagine che pochissimi conoscono e ancora meno capiscono, per l’irto burocratese in cui sono scritte. Questa occultata riforma che dobbiamo approvare o respingere, però, sarà perfettamente inutile, nel caso vincesse, e soprattutto nel caso venisse poi effettivamente e per intero attuata, faccenda tutt’altro che scontata. Perfettamente vana, perché non è assolutamente all’altezza dei temi e problemi che premono e continueranno con più forza a premere dal vasto sottosuolo verso la superfice. I proponenti del taglio non lo sono, non lo sono mai stati, continueranno a non esserlo, non per inesperienza, ma per originaria distorsione ottico-mentale. Eppure sbandiereranno oscenamente la loro vittoria, così come fecero decretando da un balconcino l’abolizione della miseria. Abolire il Parlamento per via parlamentare e sostituirlo con un’espressione della volontà popolare per via digitale non si può fare dalle loggette governative e da proprie azienducole informatiche private. 

Voca me cum benedictis, chiamami tra i benedetti, implora il coro, così faremo noi dopo l’esito – qualunque esso sia – del Requierendum. Per non bruciare con i confutatis meledictis, però, dovremmo non solo invocare, ma metterci, essere noi stessi tra le migliori menti e sentimenti, le quali – dopo che caravanserraglio o il taglio si saranno tramutati nel solito raglio – non potranno fare a meno di iniziare un vero, grande vaglio per un’autentica transizione verso un nuovo riveder le stelle.

di Riccardo Tavani

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