STORIA DI YOUSIF

Yousif è morto, aveva solo tre anni. È morto nel campo profughi di Medenine in Tunisia, al confine con la Libia. Yousif è caduto dal tetto, mentre correva, mentre giocava. Il piccolo Yousif aveva solo tre anni, correva per non sentire la fame. Giocava, con niente, nei campi profughi non ci sono giocattoli, solo violenza. Tanta violenza e tanta fame. In centinaia, vivono ammassati nei campi profughi della Libia e della Tunisia, finanziati dall’Europa e dall’Italia, che non controllano le condizioni di vita dei migranti rinchiusi. Se ne lavano le mani e là coscienza. Le torture, gli stupri, le violenze di ogni genere che si commettono nei centri, sembra che non ci riguardino.

Yousif, non aveva colpe, non aveva peccati da scontare. Era solo un bambino di tre anni, senza mamma. La sua mamma era rinchiusa in un altro centro profughi, in Libia. In Libia le condizioni sono ancora più drammatiche e le violenze che si consumano nei confronti delle donne, sono inenarrabili. Yousif, il piccolo Yousif aveva solo il papa nel centro. Un padre che dal mattino cercava di procurare un po’ di cibo per il suo piccolo Yousif. Spesso lo perdeva di vista, perché intento a cercare un po’ di riso o un pezzo di pane raffermo. A volte riusciva a rimediare un po’ di cibo, lo nascondeva tra le mani, poi andava incontro al suo bambino, sorridendo. Il piccolo Yousif quando vedeva suo padre sorridere, capiva che aveva qualcosa per lui. Capiva che aveva trovato da mangiare. Allora correva. Il piccolo correva incontro a suo padre, gli saltava al collo, lo abbracciava e lo stringeva forte. Suo padre, mentre lo abbracciava gli sussurrava alle orecchie: questo te lo manda la mamma.

Apriva le mani e gli faceva prendere quel pezzetto di pane che per il piccolo  Yousif era un qualcosa di eccezionale. Non era solo il pane della vita. Il pane quotidiano (del Padre Nostro per i cattolici) che ti fa sorridere quando lo vedi. Era il pane della mamma, che non lo aveva dimenticato. Era il latte succhiato dalle seno di cui ricordava il profumo e l’odore. Si quel pezzetto di pane raffermo, per il piccolo Yousif, aveva il sapore del latte materno. Aveva l’odore della pelle di sua madre. Il piccolo Yousif, mentre mangiava quel pezzetto di pane, non sapeva che sua madre, veniva violentata e stuprata dai carcerieri libici. Il piccolo Yousif stringeva suo padre, mentre rosicchiava quel pane duro che lo faceva felice e non vedeva le lacrime che scendevano lungo le guance, sentiva solo stringersi più forte. Yousif, il piccolo Yousif era di origine etiope, fuggiva dalla guerra e dalla fame. Fuggiva sperando di essere aiutato.

Fuggiva come migliaia di persone che fuggono da violenze, guerre e carestie, sperando di essere aiutati, ma non sono abituati, sono abbandonati e dimenticati. Papa Francesco dice che la nostra economia è malata, dice che è ingiusta, dice che questa economia crea disuguaglianza e povertà. Lo dice e lo ripete ogni domenica, ma nessuno lo ascolta, anzi fanno finta di non ascoltarlo. Non vogliono sentire la voce della coscienza. Ascoltano la voce della avidità. Nessuno vuole spezzare un po’ del suo pane quotidiano con i suoi fratelli che fuggono dalla miseria. Nessuno vuole condividere o domare. Ognuno per se, con il proprio egoismo. Il piccolo Yousif aveva solo tre anni, è volato giù da sette metri, da un tetto che doveva proteggerlo e invece lo ha ucciso.

Yousif, il piccolo è morto, aveva solo tre anni, nelle mani stringeva ancora un pezzetto di pane. Il pane con il sapore del seno. Il pane con l’odore di sua madre. Il pane che Gesù ha spezzato e condiviso dicendo “mangiatene tutti, questo è il mio corpo”. Questo è il corpo del piccolo Yousif stretto tra le braccia del padre che gli sussurra: questo è il pane di tua madre. E lui, il piccoloYousif, mentre muore stringe quel pane e sente l’odore di sua madre.

di Claudio Caldarelli

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