Dal mondo del lavoro, oggi

Sfogo sul perché “il padrone” ha vinto          

Tra pochi giorni, sul posto di lavoro de l’Etranger verranno annunciati i nomi delle decine di dipendenti che, al cambio di azienda non saranno tenuti: ciò vuol dire che, in un modo legalmente ineccepibile, alcune decine di persone resteranno in attesa di un licenziamento, che riceveranno alla cessazione della vecchia azienda, a fine anno. In pratica, come spiegava ad alcuni colleghi meno pratici, tra pochi giorni una buona parte saranno di qua, al sicuro nella nuova azienda, mentre altri resteranno di là, nella vecchia azienda che si scioglierà a fine anno, restando senza lavoro.

Dopo inutili incontri sindacali, ormai da giorni i lavoratori non fanno che interrogarsi sui criteri con cui verranno selezionati i dipendenti in esubero, rivangano i fasti dei tempi in cui “si lavorava tanto”, c’erano sempre degli straordinari da fare (pagati) e si chiedono come sia successo che un’azienda florida, prima si sia fortemente indebitata e poi abbia venduto ad un concorrente. Sul perché di un fallimento, di solito si additano le scelte delle alte dirigenze e i proverbiali dipendenti nullafacenti, che “rubano lo stipendio”. E’ inutile dire che le due categorie sono spesso assimilate, in quanto sono sicuramente colpevoli, seppure in misura diversa; ma c’è da dire che tutte e due hanno potuto portare danno, grazie alla complicità dei silenzi di sottoposti e colleghi: che fossero errori, assenteismi o appropriazioni indebite, nessuno ha fiatato, nessuno ha criticato, nessuno ha fatto niente per contrastare la mala deriva. Nel rivangare i successi di una volta, la cosa di cui ci si può rendere conto è che nessuno abbia mai pensato, allora, di usarli per mettere in sicurezza l’azienda, dedicandosi invece al facile sport di spremere il frutto per ottenere sempre di più per sé stessi (che fossero Dirigenti, o umili operai). Nel domandarsi in che modo verranno scelti quelli da licenziare, tutti indistintamente oramai sperano solo che vengano mandati via, quelli che lavorano male o poco, anche gli stessi lavativi, in un delirio d’innocenza.

In tutto questo panorama di vittime in attesa del carnefice, oltre che la Politica (che in trent’anni, per il mondo del lavoro non ha fatto nulla, se non il deprecabile Job Act) e l’Imprenditoria (capace solo di arraffare aiuti di Stato, senza più una linea etica), il grande assente è il Sindacato, perché coi suoi funzionari, spesso inadeguati e inconcludenti (se non peggio) di cui oramai è pieno il suo interno, non è stato capace né di gestire anticipatamente la crisi, evitando di arrivare ad un punto di non ritorno, né di organizzare e compattare le masse dei lavoratori, quando è arrivato il momento di contrastare la “fame di licenziamenti” di un po’ tutte le aziende.

La cosa che più dispiace a l’Etranger è che oramai nel mondo del lavoro c’è una forte apatia, un’inconcludenza, che porta a non cercare la vera radice dei problemi: pochi giorni fa ha sentito con le sue orecchie, un lavoratore addossare ai disgraziati che arrivano sui barconi, la colpa degli imminenti licenziamenti. Questa non è solo un’idiozia, ma una vera e propria resa al padrone che, invece, licenzia per proprio tornaconto. Appare chiaro che il lavoratore medio, oggi sia come il personaggio di Vauro che, in una sua vignetta, diceva “Vorrei sapere chi è il mandante delle cazzate che faccio”, pur di non addossarsi le proprie responsabilità. Perché le più grandi colpe della vittoria del “padrone”, sono dei lavoratori, perché se costui fa il suo lavoro (cioè guadagnare il più possibile, sulle spalle altrui), non altrettanto fanno loro (cioè ottenere di più, per tutti e tutti assieme, in modo duraturo e sostenibile). Ed in questo, anche l’Etranger sente la sua buona dose di responsabilità, per aver smesso il suo precedente impegno, per i lavoratori e con i lavoratori, per dedicarsi alla sua vita privata, perché forse aveva smesso di crederci…

“Il padrone ha vinto” continua a ripetersi, perché per anni i lavoratori: hanno accantonato la solidarietà, fino a dimenticarla, lasciando soli i loro colleghi in disgrazia; hanno incentrato la propria vita su mille inutilità e secondarietà, godendosi la pay-tv e i viaggi con voli charter, assecondando il progressivo smantellamento dei loro diritti; hanno accettato ogni rapina salariale e di tutela legale, per la paura di perdere la loro piccola fetta di benessere. Ecco quindi che i fratelli che arrivano sui barconi, i nuovi schiavi, sono diventati gli ultimi deboli con cui prendersela, perché non potranno rivoltarsi: sempre più lavoratori sposano la linea d’odio di quei politici che, a poco a poco, li consegneranno nelle mani dei loro carnefici. Ma, un giorno, quando non ci saranno più “gli uomini neri”, si guarderanno allo specchio e si ritroveranno più scuri e schiavi di loro. Eppure, l’Etranger lo sa bene, nulla è definitivo, nulla è ancora scritto, se tutti sapremo fare un fronte comune, se tutti impareremo di nuovo a ribellarci quando è giusto. L’importante è capire bene chi sia il proprio vero nemico, sapere accanto a chi marciare, avere uno scopo ed una strada da seguire.

L’Entranger

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