FRATELLI TUTTI, nuove traiettorie e nuove prossimità

“La storia, scrive Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”, sta dando segni di ritorno all’indietro.”

Come in una reazione chimica esplosiva la pandemia ha messo insieme tutte le trasformazioni che lentamente minavano l’inizio del ventunesimo secolo: l’ingiustizia sociale, la crisi della democrazia, il rigurgito nazifascista, il terrorismo di matrice fondamentalista, la dissoluzione delle ideologie, l’irrisolto problema dell’immigrazione, la crisi del modello capitalista, il consumo scriteriato del suolo, la distruzione dell’ambiente, si sono fuse in un’unica miscela violenta che non ha risparmiato nessuno. Come se tutti i nodi dei capelli scarmigliati del mondo fossero venuti al pettine in un solo istante, quei nodi che l’Uomo troppo a lungo non ha provato a sciogliere, trascurandoli, o addirittura ignorandoli.

Malato, naufrago, frastornato, perso in un’aria malsana che gli toglie il fiato, l’Uomo si trova adesso in bilico sull’orlo di un burrone. Ogni suo passo potrebbe essere quello sbagliato. Servono più che mai  mente lucida, intelligenza politica, lungimiranza, filosofia nuova e nuova strategia perché il rischio di mettere il piede in fallo è enorme.

Costretto dalla pandemia a misurare gli spazi ridotti di casa, col viso coperto per proteggersi e allo stesso tempo per proteggere l’altro da se stesso, con la certezza che solo un’azione comune lo salverà , l’Uomo ha oggi  l’occasione vera per rimodulare lo spazio attorno a sé, e con lo spazio le distanze, e il proprio tempo, le proprie relazioni. Ha un mondo intero da ridisegnare con le nuove geometrie della “prossimità “.

Chi è  il mio “prossimo”?

Ripartendo dalla parabola del buon Samaritano l’enciclica di Papa Francesco ruota intorno al tema della prossimità  e delle traiettorie che devono guidare il nostro cammino. Ripercorre la linea del viaggio di un  Uomo qualunque (di cui non si dà  nome, né età , né professione, né credo religioso, né provenienza… è forse uno come noi?) che incrocia malauguratamente la linea del viaggio di una banda dei briganti ” che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. “

Parallele al punto dove giace l’Uomo ferito passano le traiettorie di un levita, di un sacerdote e di un Samaritano. Soltanto quella del Samaritano però devia, si avvicina, si fa prossima alla sofferenza.

“…passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui…”

Chi é il mio “prossimo”?

Quello, ci dice la parabola, a cui  ogni uomo si avvicina quando decide di cambiare direzione, traiettoria, scegliendo la vicinanza , cambiando il proprio programma di viaggio, spendendo il proprio tempo, così prezioso.

“Soprattutto (il Samaritano)- scrive Papa Francesco – ha dato a quell’Uomo una cosa su cui in questo mondo frettoloso lesiniamo tanto: gli ha dato il proprio tempo (…) Senza conoscerlo lo ha considerato degno di ricevere il dono del suo tempo.”

Mai nella parabola del buon Samaritano compare il nome di Dio, né viene citato il comandamento dell’Amore. Anche per questo l’enciclica Fratelli tutti non parla solo alla cristianità. Protagoniste della  parabola  sono invece l’ umanissima, viscerale, laica compassione,  la carità  fatta con intelligenza (si prese cura di lui) e la libertà  incondizionata con cui il Samaritano si muove nella relazione con lo sconosciuto.

L’Uomo qualunque che giace sofferente ferito dall’imprevisto incontro coi briganti somiglia sempre più al disoccupato che ha perso il lavoro, al migrante, all’esiliato, all’ammalato, al dimenticato, al senza tetto, a tutta quella parte di umanità  che giorno dopo giorno sempre più ci comprende e ci somiglia. Siamo noi oggi ad avere incrociato la traiettoria del male sul nostro cammino. Mai come in questi giorni l’invito del Papa a guardare a nuovi spazi senza confini e senza barriere, a nuove carità  intelligenti ci trova consapevoli una fragilità  che solo la vicinanza può curare.

di Daniela Baroncini

 

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