Un nuovo scenario per il Cile

Ci sono voluti trent’anni perché il Cile del post Pinochet riuscisse a liberarsi definitivamente della Costituzione scritta dal regime. Dalla caduta della dittatura, infatti, la Carta fondamentale ha subito molte riforme tese ad eliminare le parti più palesemente antidemocratiche. Mai, però, ne era stata toccata l’architrave economica, considerata da molti come la ragione principale delle fortissime disuguaglianze economiche e sociali che scuotono lo Stato andino.

Al referendum dello scorso 25 ottobre, il 78% degli elettori hanno votato, sostanzialmente, a favore dell’abbandono del modello economico neoliberista, disegnato dai Chicago Boys e scolpito nella costituzione, che affida al libero mercato anche i diritti fondamentali come la salute, l’istruzione o le pensioni.

I cileni hanno anche votato anche per decidere della composizione dell’Assemblea costituente. Potevano scegliere tra un’assemblea costituita per metà di parlamentari e per l’altra metà composta da cittadini estranei alla politica e alle istituzioni. Evidentemente, in questa fase i legislatori non godono di prestigio visto che gli elettori hanno deciso che i 155 membri della costituente, uomini e donne in ugual misura non saranno i parlamentari in carica.

Questa fortissima domanda di una nuova Costituzione è per il Cile un evento veramente storico, che potrà portare a quelle riforme strutturali finora impedite dell’eredità di Pinochet.

Quello che i sostenitori della riforma – le decine di movimenti sociali che hanno organizzato le manifestazioni di piazza, trovando poi l’appoggio dell’intero centro sinistra all’opposizione – hanno chiesto è un radicale cambiamento in materia sociale e un ruolo attivo dello Stato, capace di frenare lo strapotere delle istituzioni private considerate responsabili degli alti costi dell’istruzione, della sanità e delle basse pensioni.

Questo nuovo scenario per il Cile, quest’accelerazione della Storia, nasce da un evento apparentemente minore. Solo un anno fa scoppiavano, a causa di un aumento del prezzo dei trasporti, le prime manifestazioni di massa. Da qui, in brevissimo tempo, le proteste sono diventate una contestazione all’intero modello cileno, alle sue disuguaglianze e alla costituzione che le consentiva.

Il continuo movimento di protesta ha costretto la classe politica di governo a dare una risposta al malcontento e il movimento unitario della società civile è stato capace, dando una prova di grande maturità politica, a passare dalle piazze alle urne convogliando sulla questione della Costituzione energie e speranze.

E a dare vita ad un progetto politico vincente.

di Enrico Ceci

Print Friendly, PDF & Email