O la Borsa o la Scienza

O la borsa o la vita!, l’antica intimazione dei rapinatori di strada puntando al buio un’arma contro la vittima, è ormai davvero un reperto preistorico nella tecno-era internettiana e anche pandemica. La borsa è minacciata allo scoccare di ogni nano-secondo dentro i circuiti e gli algoritmi informatici che custodiscono i dati sensibili e codici alfanumerici dietro cui sono appesi i nostri conti correnti, i nostri bancomat, le nostre carte di credito o di debito. Soprattutto nell’intensificarsi virale degli acquisti on-line di ogni tipo di merce, per ogni tipo di sconto che ci corre incontro dalle fantasmagoriche slitte natalizie lanciate da ogni tipo di sito. Più preziosa di questa borsa, però, è il nostro stesso profilo personale, esistenziale a essere oggetto di captazione commerciale e speculazione psico-economica di ogni sorta. E la vita è esposta non all’agguato in un angolo, in un vicolo oscuro del quartiere o del borgo, ma a quello cieco di un virus invisibile nella quotidianità familiare della nostra stessa respirazione. Non solo di questo virus, ma anche di quello prossimo venturo. Che sarà molto peggio di Covid 2. Lo preannuncia – tra altri eminenti studiosi – l’epidemiologo Michael T. Osterholm, direttore del Center for Infectious Disease Research and Policy, all’Università del Minnesota. E a prendere sul serio tale monito sembra essere proprio Joe Biden. Il neo eletto presidente, infatti, lo ha già nominato membro della task force per la gestione dell’emergenza sanitaria negli Stati Uniti.

O la borsa o la vita!, però, ha improvvisamente evidenziato un suo bruciante significato attuale, e proprio a far luogo da questa nostra Italia, particolarmente vessata dall’ondata autunnale della pandemia. Tale aspetto lo hanno fatto venire a galla le ormai arcinote dichiarazioni sul vaccino del microbiologo Andrea Crisanti, lo stratega trionfatore della campagna di primavera contro Covid 2 in Veneto. Erano i giorni dei roboanti e ripetuti annunci stampa di case farmaceutiche quali la Pfizer sull’imminenza più che prossima del vaccino. Il professore Crisanti si è permesso di sentenziare lapidariamente che – in mancanza di dati resi pubblici e controllabili dalla comunità scientifica – lui il vaccino non se lo sarebbe inoculato. Troppo noto – per esser qui riassunto – il putiferio social-mediatico che ha scatenato. Anche da parte di suoi colleghi, tra i quali quelli dell’istituzionale Comitato Tecnico Scientifico. Accusato – addirittura – di essere diventato il leader dei No-Vax, dei virus-negazionisti e complotto-fobici planetari, Crisanti ha in realtà fatto trapelare una fenditura del sottosuolo che da tempo un grande filosofo contemporaneo aveva segnalato. Si tratta di Emanuele Severino, recentemente scomparso, il quale in tutta la sua opera specialistica e divulgativa ha mostrato la differenza di scopi tra capitalismo e scienza. Il primo ha come fine irrinunciabile il conseguimento del profitto, la seconda la soluzione di grandi e complessi problemi su scala sia locale sia mondiale.

Lo stesso giorno dell’annuncio stampa della Pfizer sull’efficacia al 90% del suo vaccino anti-Covid, Albert Bourla, Chef Executive Office (CEO) dell’azienda,  incassa 5,56 milioni di dollari. Vende, infatti, sul mercato il 62% del pacchetto azionario della Pfizer da lui detenuto.  Si tratta esattamente di 132.508 titoli ceduti al prezzo di 41,94 $ ognuno. Prezzo che proprio grazie a quell’annuncio aveva registrato un rialzo del 7,69%. Nel suo personale portafoglio ne custodisce altre 81.812 La Pfizer ha pienamente sostenuto l’operazione del suo massimo dirigente, sostenendo che si tratta di un piano – preordinato fin dall’agosto scorso – di tading. Ossia di legittima speculazione in Borsa atta a far raggiungere un certo prezzo al titolo. Lo scopo primario assoluto di Pfizer – in quanto impresa capitalistica – è ottimizzare il valore, il profitto. È il suo codice genetico, non può in nessun modo violarlo. Naturale anche che tutte le Big Farma mondiali allineino al proprio interno fior fior di scienziati, ricercatori e cervelli di elevato valore. Essi, però, viaggiano all’interno di un potentissimo convoglio il cui scalo, la cui destinazione finale (destino, si dice in spagnolo) è il conseguimento del profitto.

Lo scopo primario assoluto di cervelli come Crisanti, invece, non è il profitto aziendale, ma la soluzione del grave problema pandemico planetario. A questo fine, lui vuole toccare con mano, verificare in modo scientificamente pubblico e incontrovertibilmente dettagliato i dati e i test clinici che Pfizer ha soltanto mediaticamente sbandierato e non pubblicato, allo scopo di realizzare un più che consistente plusvalore borsistico. Anche perché – non va mai dimenticato – l’intera grande corsa dell’oro vaccinale è finanziata in tutto il mondo dalle casse pubbliche di Stato. E a fondo perduto. Nel caso, cioè, le aziende farmaceutiche fallissero, non riuscissero a conseguire il risultato di un vaccino efficace e sicuro, esse non sono comunque dovute a restituire i capitali pubblici ricevuti. Inoltre, l’accelerazione della ricerca cui assistiamo è possibile anche grazie a una considerevole crescita di intelligenza e capacità tecno-informatiche capillarmente diffuse, quale processo sociale d’insegnamento, apprendimento, applicazione, connessione, dedizione, cui le aziende s’impossessano gratuitamente, spesso senza neanche retribuire adeguatamente i singoli operatori che ne sono espressione.

Assistiamo così al correre veloce dell’antica intimazione predatoria O la borsa o la vita!, verso lo scambio, il bivio, l’aut aut del suo destino di civiltà: O la Borsa o la Scienza.

di Riccardo Tavani

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