DARBAZAR: l’emporio sociale gratuito che coniuga etica e solidarietà

Nicoletta IommiRoma,  III Municipio.  All’interno degli spazi di Lab Puzzle-Bene comune, è stato realizzato il progetto di creare un emporio solidale gratuito interamente dedicato all’abbigliamento e agli accessori. Al numero 21 di via Monte Meta un gruppo di volontarie e volontari, adottando tutte le misure previste per l’emergenza Covid-19, hanno aperto le porte del “DarBazar”.

Dar è una parola araba che significa casa, mi racconta Luana- una volontaria dell’emporio- ma per i romani è la forma dialettale della preposizione “dal”. Un nome dunque che gioca sul doppio significato e che ben rispecchia la realtà dell’emporio.

Il progetto, sviluppato durante il “lockdown” nazionale e concretizzato a luglio del 2020, supera la concezione statica della distribuzione vestiario per approdare ad una dinamicità dell’azione sul territorio in grado di unire, in un connubio perfetto, il comportamento etico del riuso e la libertà di scegliere gratuitamente un vestito o un accessorio tra gli scaffali di quello che i volontari definiscono “ l’armadio dei sogni”, un guardaroba condiviso e solidale.

All’entrata viene rilasciata una tessera che ha la durata di un mese solare e che attribuisce un credito di 50 dar, una valuta fittizia, con la possibilità di utilizzarne  25 alla primo accesso e gli altri 25 nel restante periodo di validità. Per fare qualche esempio: per una sciarpa sono necessari 4 dar, 10 dar per un paio di scarpe o una giacca, 1 dar per un capo da bambino.

In una atmosfera accogliente, tra pareti tinteggiate di fresco, scatole colorate, appendiabiti a vista, capi divisi per taglie e tipologie i volontari sistemano i vestiti in buono stato lasciati al DarBazar per essere destinati ad altre vite poi, come in un qualsiasi negozio di abbigliamento, consigliano i fruitori nella scelta degli abiti mentre i sorrisi e l’entusiasmo si riflettono negli specchi, oltrepassano i muri.

Il progetto, mi spiega Raffaella -una delle ideatrici- ha un duplice obiettivo: da un lato consentire di scegliere gratuitameante vestiti in buono stato a chiunque si trovi ad attraversare un momento di difficoltà, dall’altro quello di offrire la possibilità di fare scelte etiche come quella di allungare il ciclo di vita degli indumenti, rendendo ancora utile un capo o un accessorio che non ha esaurito la sua funzione e che può ancora entrare nella disponibilità di altri attraverso lo scambio o la donazione.

Da alcuni studi effettuati risulta infatti che, rispetto a venti anni fa, viene acquistato il 60% di vestiti in più. Di contro si è ridotto, fino a dimezzarsi, il tempo tra l’acquisto e l’errata percezione che un vestito sia diventato obsoleto, inutile e destinato a finire nel ciclo dei rifiuti. Si stima che in media vengano gettati via, ogni anno, 70 milioni di tonnellate di indumenti usati, il 48% di questi ancora in ottimo stato. 

In un momento in cui l’emergenza sanitaria impone di guardare con attenzione anche alla crescita esponenziale dell’emergenza sociale e considerando che il lockdown, se pur portando qualche giovamento, non ha arrestato il cambiamento climatico vale la pena soffermarsi sulle parole dei  volontari del DarBazar: “ Insieme costruiamo il mondo che vorremmo, in cui il valore delle cose non dipende solo dal denaro”.

di Nicoletta Iommi

*la foto nell’articolo è di Renato Ferrantini

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