Draghi e zombie

Questo mondo non è un posto per poeti. Per i sacerdoti della scienza triste, ossia dell’economia, invece sì. Mario Draghi aleggia come un ectoplasma attorno alla crisi italiana, materializzandosi solo attraverso sentenze che giungono lontano dal clangore dei pazzi nei palazzi a pezzi. Eco monitorie, premonitorie, chiaroscuroveggenti, la cui esegesi su media e social è ormai un genere letterario a sé, che assume molto più rilevo di quello che lui ha letteralmente detto. Sappiamo che l’arcobaleno cross-parlamentare pronto ad acclamarlo come nuovo premier attraversa redazioni, scranni, segreterie e secrete stanze, fino agli irti colli cui piovigginando sale. Ma lui in questo momento cosa fa, di cosa si occupa esattamente, mentre sotto il maestrale pandeconomico urla e biancheggia il mar? A un ex Governatore della Banca d’Italia, Presidente della Banca Centrale Europea, e prima ancora titolare di prestigiosi incarichi internazionali, non mancano certo offerte di alte cariche e remunerazioni. Per dirvene una, beccativi questa non breve stringa in inglese: Reviving and Restructuring the Corporate Sector post-Covid. Designing Public Policy Intervention, Group of the Thirty, G30. Draghi è nel comitato direttivo di questo think tank, pensatoio, areopago planetario nominato da trenta paesi (G 30) per rivitalizzare e ristrutturare il settore privato nel dopo-Covid, delineando la politica di pubblico intervento. È al vertice di questa roba con altri generali di corpo d’armata bancaria e finanziaria, come Raghuram Rajan, economista ed ex Governatore della Reserve Bank of India. 

Non è che i media non abbiano riportato le parole di Mario e Raghuram, ma forse non hanno spiegato bene ai nostri politici e imprenditori il loro esatto significato. L’attenzione dei due si è accentrata sulle cosiddette Zombie Firmes. Cosa sono? Aziende che non solo non realizzano più profitti, ma non riescono neanche più a ripagare gli interessi sul debito contratto. E questo già da prima della pandemia. La quale le ha definitivamente collassate. Eppure banche e istituzioni pubbliche continuano a sostenerle, a finanziarle, perché il loro fallimento sarebbe una voce da riportare nel passivo economico per le banche e sociale per gli Stati. Solo che le Zombie Firmes costituiscono ormai un ammasso tale che sospende l’intera economia planetaria sull’orlo di una scogliera. Non solo non apportano più alcun contributo all’economia mondiale, ma la zavorrano micidialmente, assorbendo finanziamenti che potrebbero essere meglio allocati in imprese e startup, già intrinsecamente futuranti. 

“Chi dovrà decidere quali compagnie dovranno essere aiutate?”, chiede Draghi. Ecco, se lo domandino bene politici e imprenditori, prima di invocare Draghi, perché lui ci sta dicendo che la crisi può e deve offrire l’opportunità di eliminare un po’ di ferraglia vetero-aziendale, che è proprio quella alla base dell’asse rappresentanza-clientela politico-industriale in Italia. “Stiamo entrando in una nuova era – ha continuato Draghi – nella quale saranno necessarie scelte che potrebbero cambiare profondamente le economie”. E Raghuram Rajan ha aggiunto: “Non è troppo presto per iniziare a pensare al periodo successivo alla pandemia”. Ossia non è rimanendo arroccati allo status quo, all’assetto precedente il Covid, che se ne esce fuori, anzi. Il rapporto è drasticamente chiaro su questo punto. Per essere efficaci le misure devono “richiedere una certa quantità di distruzione creatrice: alcune aziende si ridimensioneranno o chiuderanno, altre apriranno; alcuni lavoratori dovranno cambiare imprese e settori con un appropriato re-training e assistenza nella transizione”. Tanto Draghi squarcia impietosamente il futuro, quanto chi lo vuole premier si salda con la fiamma ossidrica a un passato di rappresentanza politica parlamentare e finanziamenti, sostegni economici che sono già ora parte consistente dell’ammasso sull’orlo della scogliera. E Draghi potrebbe realisticamente costituire un governo a preponderante massa zombie?   

Ci sarebbe però da chiedere due cose a Draghi. Primo. Non è che il futuro in quanto tale sarà d’ora in avanti sempre segnato da un processo di inarrestabile zombificazione, ossia di rapido invecchiamento economico cui saranno sottoposte le aziende nel vortice di perenne innovazione tecno-scientifica? Secondo. Ma il vero grande zombie totale non è proprio lo stesso capitalismo che sta succhiando risorse molto più proficuamente preziose per la salvezza della scogliera-mondo su cui tutti noi siamo sospesi? 

di Riccardo Tavani

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