In odium fidei: Rosario Livatino martire

Il giudice Rosario Livatino sarà beato. Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle cause dei santi a promulgare il decreto che ne riconosce il martirio “in odio alla fede”. Fu ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990. Nato a Canicattì in provincia di Agrigento il 3 ottobre 1952, Rosario Livatino si laureò in giurisprudenza a Palermo e nel 1978 entrò in magistratura. Fin da piccolo partecipò alla vita della parrocchia, senza mai lasciarla, anche con gli impegni di magistrato. Sempre vicino alla Chiesa e ai suoi fratelli più deboli, sempre pronto ad aiutare. Nel 1988, da magistrato, all’età di 35 anni, dopo aver seguito il corso di preparazione volle ricevere il sacramento della Cresima. 

In quegli anni a Canicattì e in tutto il territorio agrigentino la situazione era attraversata da una vera guerra di mafia, che contrapponeva le cosche emergenti (stiddari) contro Cosa Nostra. Il capo stidda locale era Giuseppe Di Caro, che abitava nello stesso palazzo del giudice Livatino. 

Il 21 settembre 1990, Rosario Livatino venne ucciso in un agguato, sulla strada statale 640 che conduce da Canicattì verso Agrigento, mentre viaggiava sa solo, in automobile, per recarsi in Teibunale. 

Cosa Nostra lo chiamava “il santocchio”. La motivazione che spinse i gruppi mafiosi di Palma di Montechiaro e Canicattì a colpire il “Servo di Dio” fu la sua nota dirittura morale,per quanto riguardava l’esercizio della giustizia, radicata nella fede. Durante il processo penale emerse che il capo provinciale di Cosa Nostra, Giuseppe Di Caro, che abitava nello stesso stabile, lo definiva con spregio “santocchio” per la sua frequentazione della Chiesa. Dai persecutori, stiddari, il Servo di Dio Livatino, era ritenuto inavvicinabile, irriducibile a tentativi di corruzione proprio a motivo del suo essere cattolico praticante. Dalle testimonianze, anche del mandante dell’omicidio, e dai documenti processuali, emerge che l’avversione nei suoi confronti era inequivocabilmente riconducibile “all’odium fidei”. Inizialmente, i mandanti avevano pianificato l’agguato dinanzi alla chiesa in cui il magistrato quotidianamente faceva visita al Santissimo Sacramento. 

È la prima volta che si riconosce beato una persona che non ha fatto miracoli, ma che con il suo comportamento a dato la vita per non rinnegare i valori della sua religione, divenendo martire a causa del suo agire in modo etico e morale. Rosario Livatino era un giudice che credeva nella giustizia e credeva ancor di più nei valori della cristianità e della fratellanza così come ci vengono riproposti da Papa Francesco. Valori che ci avvicinano ad una esistenza fatta di solidarietà, uguaglianza e capacità di allargare le braccia per accogliere, sentendosi un tutt’uno con L universalità del mondo.

di Claudio Caldarelli e Eligio Scatolini

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