Tratta di esseri umani tra Ragusa e Romania: in Appello, sentenza riformata

La Prima sezione della Corte di Assise di Appello di Catania ha riformato le pene per tre soggetti condannati per associazione a delinquere finalizzata al traffico di esseri umani in danno di connazionali alcuni dei quali minori, e di sfruttamento pluriaggravato della prostituzione, anche minorile. L’operazione denominata ‘Boschetari’, (senza tetto), era stata messa a segno dalla Polizia di Stato di Ragusa – Squadra mobile e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Catania, a giugno del 2018. Per Lucian Milea 41enne la pena in Appello passa da 20 anni, a 18 anni e 8 mesi; per Alice Oprea, trentaduenne, da 10 anni a 7 anni e 10 mesi; per Monica Iordan anch’essa trentaduenne, da 17 anni e 8 mesi a 13 anni e 10 mesi.

I tre erano difesi dagli avvocati Edoardo Cappello, Angelino Alessandro e Emilio Cintolo. La Procura generale aveva chiesto la conferma della pena inflitta in primo grado per Milea e una riforma per la Iordan a 10 anni e per la Oprea a 9 anni, anche in virtù della confessione resa in Appello. Confermata la provvisionale di 10.000 euro per ciascuna delle parti civili costituite (cinque vittime, associazione Proxima e Cgil rappresentate dagli avvocati Nunzio Citrella, Liliana Battaglia e Enrico Schembari). L’associazione era riuscita reclutare e trasferire in Italia, in particolare costringendole al lavoro agricolo del Vittoriese, numerose vittime connazionali, tutte scelte tra persone in stato di estremo bisogno (in alcuni casi minori, in altri casi anziani), analfabete o semianalfabete, tutte in condizioni di estremo disagio, “boschetari”, persone prive del necessario, facilmente soggiogabili.

La vittime venivano nutrite con scarti alimentari ammuffiti, andati a male e pieni di vermi. A loro sottraevano i documenti, trattenendoli in cambio di un tetto sopra la testa. Venivano imposte violenze fisiche e anche sessuali spesso davanti agli altri, per scoraggiare i compagni di sventura in caso di ribellione. 

di Paolo Borrometi

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