Il treno della strage: a Viareggio non fu omicidio

Tutto accadde in una calda notte d’estate. Era il 29 giugno del 2009 mentre a Viareggio la giornata volgeva al termine, un treno correva per ferirla mortalmente.

Erano le ventitré e quarantotto quando la morte arrivò. Ma essa partì da molto lontano.

Il treno della morte aveva una sigla, 50325 e aveva un’origine la stazione di Trecate in provincia di Novara. Il treno 50325 aveva anche una destinazione ed era la stazione di Gricignano in provincia di Caserta, ma non ci arrivò mai perché quel 29 giugno del 2009 alle ventitré e quarantotto il treno 50325 con 14 cisterne piene di Gpl, ciascuna delle quali conteneva 35mila litri di gas liquido, si fermò per sempre a Viareggio.

Si fermò uscendo dai binari prima di entrare in stazione. Le cisterne sobbalzarono, si piegarono ai voleri della fisica, le rotaie scomparvero da sotto le loro ruote, e si sdraiarono sulla massicciata, sul pietrisco, mentre la polvere sollevata dal treno, che ormai correva fuori dai binari mentre il ferro delle cisterne strideva sulla massicciata, oscurava la luce dei lampioni. Il treno 50325 muggiva ferito in un frastuono infernale. Un rumore sinistro e assordante che sembrava non finisse mai. Gli assili delle ruote erano sparsi sulla strada ferrata. Non sembrava più un treno ma la carcassa di un animale preistorico morente.

Dagli squarci delle cisterne usciva come un velo etereo il liquido mortale, spargendosi tutt’intorno arrivando fino alle abitazioni limitrofe la ferrovia. L’azzurrognolo liquido delle cisterne si trasformò in gas invisibile e ristagnò in tutta quell’area ormai satura di combustibile ad alta infiammabilità.

Una scintilla e poi il boato, la notte da scura diventò rossa. Le fiamme divorarono tutto comprese le vite di 32 persone. Quella notte Viareggio non la dimenticherà mai.

L’orologio segnava le ventitré e quarantotto e la morte nella città del carnevale arrivò col treno 50325.

Lunghi anni di battaglie per i familiari riuniti nell’Associazione “il mondo che vorrei” per conoscere responsabilità e verità, per i cittadini e anche per i ferrovieri organizzati nell’Associazione “29 giugno”.

Trentotto indagati, accusati, a vario titolo, di disastro ferroviario, incendio colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni personali: Mauro Moretti, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato; i vertici di Rfi e Trenitalia; la società Gatx Rail proprietaria dei carri esplosi; i tecnici e i dirigenti delle officine Jungenthal Waggon. Una battaglia legale, lunga ed estenuante dove sul banco degli imputati siedono potentissimi gruppi industriali e finanziari ed i loro amministratori.

Lo Stato, deludendo le aspettative di tutti, ha rinunciato a partecipare in giudizio come “parte civile” in cambio di una liquidazione monetaria. A Combattere restano i familiari, le associazioni, i sindacati ed alcuni RLS (Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza) di Trenitalia, che con la loro presenza indubbiamente contribuiscono a tenere alta l’attenzione sui temi della sicurezza ferroviaria.

Ma la rabbia e disperazione dei parenti delle vittime è esplosa quando nel dispositivo, sono stati dichiarati prescritti gli omicidi colposi per la strage a seguito dell’esclusione dell’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro.

In tal modo le società per azioni coinvolte sono state assolte, è stata difatti esclusa la  condanna di RFI per la strage di Viareggio ed un numero significativo di parti civili tra cui 22 associazioni è stato così estromesso dal processo, escludendogli purtroppo anche il risarcimento.

Questa è stata la decisione della Corte di Cassazione dell’8 gennaio us., rinviando alla Corte di Appello di Firenze la riapertura di un Appello bis, in cui occorrerà ridefinire il perimetro delle accuse e relative responsabilità, per gli imputati condannati in via definitiva per l’incidente ferroviario colposo, con presumibile riduzione significativa, delle pene detentive. Resta invece per Mauro Moretti, l’imputazione per omicidio colposo, avendo rinunciato a suo tempo alla prescrizione.

Per i familiari delle vittime è stata una giornata nera. Speravano nella giustizia. La parola prescrizione torna dirompente in un processo così rilevante dove sono state tanti i carteggi e le perizie prodotte dai periti per far emergere le responsabilità e la verità sui fatti.

Tutto reso inutile della prescrizione, che ha stravolto il processo ed è triste sapere che sebbene gli imputati siano responsabili di tale disastro, per un puro fatto temporale non possano essere condannate per quel capo d’imputazione, omicidio colposo.

Rileggiamo i nomi delle vittime e la loro età affinché non vengano mai dimenticati:

Iman 3 anni, Hamza 17 anni e Mohammed Ayad 51 anni e Aziza Aboutalib 46 anni

Nadia Bernacchi e Claudio Bonuccelli, 59 e 60 anni

Abdellatif e Nouredine Boumalhaf, 34 e 29 anni

Rosario Campo, 42 anni

Maria Luisa Carmazzi e Andrea Falorni, 49 e 50 anni

Alessandro Farnocchia, 45 anni e Antonio Farnocchia, 51 anni

Marina Galano, 45 anni

Ana Habic e Mario Pucci, 42 e 90 anni

Elena Iacopini 32 anni, 

Federico Battistini 32 anni,

Emanuela Milazzo 63 anni e Mauro Iacopini 60 anni

Magdalena Cruz Ruiz Oliva, 40 anni

Ilaria e Michela Mazzoni, 36 e 33 anni

Emanuela Menichetti, 21 anni

Stefania Maccioni 40 anni, Luca 5 anni e Lorenzo Piagentini 2 anni

Angela Monelli (fuori dalla lista ufficiale delle vittime)

Rachid Moussafar, 25 anni

Sara Orsi e Roberta Calzoni, 24 e 54 anni

Elisabeth Silva, 36 anni

La vera giustizia per Viareggio viene invocata anche dai Cobas Scuola della provincia di Lucca che intervengono sulla sentenza della Cassazione al processo per il disastro ferroviario del 29 giugno 2009, che ha incredibilmente escluso l’aggravante dell’incidente sul lavoro.

Purtroppo l’amaro in bocca resta, dopo cotanto disastro che ha stravolto quasi tutti, in primis i parenti delle vittime e le coscienze italiane, ma non proprio di tutti che a pochi mesi dalla strage, ha insignito della nomina di cavaliere del lavoro uno dei principali imputati, Mauro Moretti e poi nel 2014 addirittura ha promosso ad amministratore delegato dell’ex Finmeccanica.

Una strage che si poteva e doveva evitare se si fosse investito in sicurezza e che lui liquidò come “uno spiacevolissimo episodio”.

Altro fatto vergognoso, l’aver licenziato i ferrovieri che gratuitamente si adoperarono come consulenti per supportare i familiari delle vittime di cui sopra.

Affinché la sicurezza nei luoghi di lavoro siano il vulnus, da cui partire, con procedure cicliche di controllo da rispettare e su cui investire.

Attendiamo le motivazioni della sentenza, con la forza e la speranza che la giustizia faccia il suo buon corso e ridia la dignità ai lavoratori ed ai loro familiari.

di Eligio Scatolini e Giovanna Mastroddi

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