Open arms e l’impegno per i diritti e la vita

 

Il 7 gennaio l’ex Ministro degli Interni, Matteo Salvini, si è recato a Palermo per l’udienza preliminare del processo a suo carico, è accusato di sequestro di persona e di abuso di atti d’ufficio. Nell’agosto del 2019 vietò lo sbarco di 107 migranti che erano a bordo della nave di Open Arms, una organizzazione non governativa spagnola che ha come missione principale quella di salvare in mare le persone che intendono raggiungere l’Europa.

Una missione che, in attesa che sia fatta giustizia sulla vicenda, non si è mai fermata. A novembre la stessa Ong decide di rendere pubblico un video in cui arrivano strazianti le immagini di un soccorso in mare e ancor più forti arrivano i suoni: quello mesto e cupo delle onde nel buio della notte e quello disperato di una madre che cerca suo figlio tra quelle onde, un neonato di 6 mesi che morirà poco dopo. E’ su questi suoni che scende ancora il silenzio, assordante e distratto, di chi non vuole fare i conti con la questione migranti.

E arriviamo alle festività natalizie, quando l’egoismo, se c’è, è ancora più esposto. Chi scappa dai conflitti non porta con sé il calendario e chi salva vite umane lo fa anche nei giorni segnati in rosso. Nel mese di dicembre, secondo il report di Mediterranea Saving Humans, 1571 persone sono state tratte in salvo sulle nostre coste, ma nell’anno appena trascorso 417 vite sono finite in fondo al mare e 328 sono i corpi che quel mare ha restituito. E proprio la notte del 31 dicembre è arrivata la notizia del salvataggio in mare, ad opera della Open Arms, di 169 persone nelle acque del Mediterraneo. Tra questi 12 donne, di cui una in stato di gravidanza e 40 minori.

Abbiamo seguito il recap di quella che è stata denominata: “Missione 79”. Il 23 dicembre la nave di Open Arms salpa dal porto di Barcellona insieme al personale di supporto di Emergency. Sulla imbarcazione sono presenti, oltre al capitano, anche due ufficiali, tre macchinisti, tre marinai, quattro soccorritori, un medico, un infermiere, un cuoco, due giornalisti, un coordinatore Sar, un mediatore culturale.

Il 27 dicembre, a causa del maltempo sono costretti a fermarsi a Siracusa e lì rimangono fino al 30 dicembre. Il 31 dicembre, alle 15.22, scrivono alle autorità competenti di aver ricevuto una segnalazione tramite Alarm Phone (un progetto che non effettua salvataggi ma fornisce un contatto di emergenza per le operazioni di soccorso) e decidono di uscire in mare. Intercettano una imbarcazione di legno che stava andando alla deriva. Era partita da Sabratha la mattina del 30 dicembre nonostante le preoccupanti condizioni meterologiche. Quando la disperazione è massima il coraggio diventa conseguenziale. Alle 17,45 iniziano le operazioni di soccorso dei 169 disperati che hanno provato a sfidare il mare. Alle 18,13 avviene il loro trasbordo sul battello gonfiabile a chiglia rigida.

 Alle 22,38 l’operazione viene conclusa in area Sar libica e l’ong scrive: “Festeggiamo il 2021 difendendo i diritti e la vita”. E’ la notte di Capodanno, per molti una notte di egoismo distratto, quello che accade in quel tratto di mare è sotto gli occhi di tutti, ma sono pochi a vederlo.

La missione 79 e open arms continuano senza sosta e senza calendario a salvare vite umane. Il 2 gennaio, in attesa di veder scritta la parola fine a tutto questo e di trovare giustizia nei tribunali, hanno recuperato altre 96 persone.

di Nicoletta Iommi







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