È sangue e merda, bellezza!

Quanti senatori hanno pugnalato Giulio Cesare alle Idi di Marzo del 44 avanti Cristo? Venti. Quanti, nella fredda alba del 2021, hanno accoltellato 19 membri del Governo, 396 deputati, 133 senatori tra 5S, Pd, e Leu? Uno solo: Matteo Renzi. Ma mentre l’accoltellamento di Cesare è avvenuto improvviso e rapido, quello dell’attuale governo e relativa maggioranza parlamentare è stato annunciato con più di un mese di anticipo. Si è svolto, per dipiù, al rallenty nelle immagini e movimenti, con il volume a palla nei rumori e parole. E mentre Cesare aveva avuto del suo assassinio solo controversi ammonimenti e sogni oscuri, la stessa cosa non si può dire per Conte, i suoi ministri, senatori e deputati che lo sostenevano. Media, social, chiacchiere da bar seppure solo aperti per asporto, marciapiede, città anche se sotto coprifuoco non parlavano d’altro. Come è stato dunque possibile che un solo uomo potesse tanto impunemente scandire tale cronaca di un governicidio annunciato? E che nessuno sia stato capace di fermarlo? Eraclito dice: “Uno solo per me ne vale diecimila, se è il migliore”. Siamo a questo? Le migliori menti di un governo, di tre partiti, con i media loro connessi non sono stai in grado di concepire e attuare un efficace contro piano? O tanto diffuse sono le metastasi che la classe politica ha diffuso nel proprio seno e nelle istituzioni civile da saper ormai cercare il rimedio unicamente nella propria massa tumorale? Tanto che il senatore Renzi, essendone eminente parte, ha saputo ben individuare i punti dove affondare meglio le sue tenaglie?

Il Presidente della Repubblica non ha potuto fare altro che rassegnarsi a compire un gesto già compiuto nell’aprile del 2018. Riaffidare al Presidente della Camera Roberto Fico, proveniente dalla cosiddetta sinistra M5S, un mandato esplorativo. Che – per dirla con Ennio Flaiano – la situazione è grave ma non seria, lo dimostra il fatto che questo tipo di mandato non è per niente contemplato, né mai neanche citato nella nostra Costituzione: è solo entrato nell’uso, nella prassi. Lo stesso Fico, inoltre, nella precedente occasione, fallì completamente nel suo tentativo. E chi gli sbarrò la strada? Sempre lui, il demolitore unico universale: Matteo Renzi.

Questo avrebbe dovuto dimostrare che il senatore di Rignano nell’algebra politica, non in quella micragnosa e triste, vale molto di più del 2–3% che gli assegnano i sondaggi. Non aver minimamente tenuto conto di questo aspetto è una grave mancanza di giusta misura, di esatta valutazione degli equilibri politici a carico dell’intera compagine governativa e parlamentare di maggioranza. Possiamo e anzi, dobbiamo con forza condannare le pessime attitudini del suddetto senatore demolitore, la sua vomitevole piaggeria, a fini di lucro, nei confronti di una teocrazia e  tirannia petrolifera macchiata di sangue e sfruttamento umano. Questo, però, non assolve minimamente chi ha pensato fosse sufficiente mettere sotto il tappeto qualche fastidioso granellino di polvere acre. Soprattutto quando lacune e anche voragini della compagine governativa erano molte, e non tutte giustificabili dall’emergenza pandemica. Le più clamorose riguardavano proprio quel Recovery Plan che deve rispondere al vasto piano europeo che si chiama Next Generation Eu. Ossia: progetti di avanzato valore ambientale, sociale, civile e tecnologico. Qui è stato davvero, per Demolition Bomb, un passatempo da ragazzini buttare giù tutti i birilli del bowling.

Non occorrerebbe neanche ricorrere a uno dei più grandi pensatori della politica d’ogni tempo, ossia quel Niccolò Machiavelli, di cui anche Hegel esaltò la statura, per tenere continuamente presente che politica e morale sono due sfere ben distinte, e che la prima si muove secondo una sua specifica logica d’analisi e d’azione. Basterebbe ricordare la sintetica locuzione coniata dal grande vecchio ma ancora vegeto socialista Rino Formica: la politica è sangue e merda. Ora non si può che tornare a fare i conti con Renzi: con gli interessi, però, e decisamente, inevitabilmente più alti di quel miope 2–3% con cui si è tentato di ingabbiarlo. Un giocatore di poker lo si è definito. Piuttosto di scacchi che ha sacrificato nel gioco tre suoi pezzi importanti e ora ne vuole conseguirne un vantaggio strategico. Per quanto spregevole sia la persona e il comportamento da questo nuovo assetto della scacchiera non si schioda.

La giusta misura, quale regola che non si può mai impunemente violare, richiama a una categoria ontologica più generale: quella della giustizia. Dall’inizio della pandemia i dieci umani più ricchi del mondo hanno aumentato di altri 540 miliardi di dollari i loro patrimoni. Sfiora i 12.000 miliardi il massimo storico di dollari ammassato nelle casse dei paperoni mondiali. Mezzo miliardo di persone, invece sta precipitando sotto la soglia di povertà, con un reddito di solo qualche dollaro al giorno. Soni i dati presentati al vertice Word Econimic Forum di Davos da Oxfam. È il virus della disuguaglianza che continuerà a imperversare ancora per anni sull’intero pianeta. La vera giusta misura, in grado di farci uscire dall’attuale massa tumorale della politica, è il riferimento a tale dimensione della giustizia. Solo un’inedita alleanza di intelligenze sociali e culturali che mantenga saldo tale sfondo esistenziale, potrà configurare un’alternativa al declino tumorale, epocale della politica.

di Riccardo Tavani

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