Condanna a morte per assideramento

Morire di freddo, in Occidente, non è una disgrazia o un incidente, è una condanna a morte perpetrata dai governi europei verso i più poveri. Ogni anno, in questo periodo in cui le temperature scendono sotto lo zero di decine di gradi, muoiono tantissimi senza tetto, cioè gli ultimi degli ultimi. Muoiono, sui marciapiedi, davanti alle stazioni ferroviarie, sulle panchine, in angoli angusti, sporchi, nel più totale abbandono, muoiono condannati a morte dalle Istituzioni centrali, e periferiche. Sono condannati a morte per assideramento, per lo più notturno, in solitudine, senza neanche poter esprimere “l’ultimo desiderio” che si riservava ad altri condannati a morte. Il braccio della morte dove trascorrono le ultime ore, è il braccio della morte della emarginazione a cui sono sottoposti obbligatoriamente da amministrazioni di destra e di sinistra.

“Aprite le stazioni delle metropolitane e delle ferrovie”, questa è l’unica proposta che da decenni viene presa da sindaci, governatori, ministri, e non c’è differenza di appartenenza politica. Nel concetto di non intervenire sono tutti uguali, senza cuore, senza umanità, senza nessun credo di appartenenza religiosa: eppure si dicono tutti cattolici, o solidali, vanno in chiesa la domenica, prendono i sacramenti, partecipano alle funzioni, in prima fila e si fanno fotografare con i vescovi. Ma poi all’atto di intervenire, di dimostrare di essere “fratelli” di tutti gli ultimi che affollano le strade, fanno finta di non vedere, hanno il potere di renderli invisibili e condannarli a morte certa per assideramento.

“La visibilità di poveri e senzatetto è un problema. Di certo a nessuno piace vedere persone in precarie condizioni igieniche sedute sui marciapiedi ad elemosinare o, peggio, dormire per strada avvolte in stracci e coperte, tra cartoni e masserizie. Persone così non solo non vorremmo vederle, vorremmo che proprio non esistessero: comunque là si pensi, costituiscono una silenziosa, ma eloquente e sanguinante, ferita aperta che interroga e inquieta la coscienza, denuncia la nostra società e il nostro modello di sviluppo, ferisce la dignità umana è il decoro cittadino…” in questo conteso, le persone di buona volontà pensano che sia non doveroso, ma umano condividere la condizione con il fratello più sfortunato ed aiutarlo ad avere ciò di cui necessità per vivere dignitosamente. Ma non è così!

I poveri, si abbandonano al loro destino, i senza dimora si lasciano per strada al freddo, i richiedenti asilo, si fanno “congelare” ai confini con la Croazia, nei campi in Bosnia, a Lesbo, o in Siria. Per tutti c’è una nuova condanna a morte non ufficiale, ma usata come deterrenza per mantenere l’ordine costituito di quegli stessi Stati che la condizione di povertà hanno creato: la condanna a morte per assideramento.

Una pena di morte certa, che viene ripristinata con il consenso della Europa dei ventisette e della Europa continentale. Una pena di morte reintrodotta da tutti i paesi europei dicono di averla abolita. Eppure in questi giorni, decine di persone sono morte per assideramento. Tanti bambini. Tante donne. Tanti fratelli di cui nessuno si ricorda, anzi c’è qualcuno che si ricorda di loro e non smette di pregare per loro: Papa Francesco. Un Papa generosa, che non si dimentica degli ultimi, che scrive encicliche per loro, con la speranza che i governi europei invece di pensare solo alle banche inizino a pensare a come superare la povertà con politiche economiche diverse che mettano al centro la persona, cioè il fratello, e facciano della economia sociale la base per una redistribuzione della ricchezza in grado di eliminare e bandire la pena di morte per assideramento, comminata agli emarginati della terra.

di Claudio Caldarelli

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