Draghi, Anticristi e Katéchon

L’avvento, l’accadimento chiamato Mario Draghi si sta manifestando come alcunché di messianico, religioso. Non foss’altro per la fede, per il credo trasversale, interclassista e transpartitico che aureola la sua figura. Non solo in Italia, ma tra tutti i governanti d’Europa. Non si fosse formato il suo governo si sarebbe verificato uno schianto di fede in ogni genere di istituzione civile, religiosa, pubblica e privata. Tanto da spalancare davvero i portali fisici e virtuali, social-mediatici al dominio di un Anticristo, nelle sembianze concrete di quel pieno caos sociale, politico, economico di cui la pandemia in atto non sarebbe allora altro che un tenero gemito.

Ma proprio per questo configurarsi di Draghi come qualcosa, qualcuno che può ostacolare un ulteriore sviluppo della disgrazia in atto, più appropriato sembrerebbe per lui non il ruolo messianico, ma quello del Katéchon. Ossia di ciò che il caos lo trattiene, lo con-tiene. Insomma dilata, rimanda il tempo del suo totale sopravvento. Il termine controverso di Katéchon, e la situazione, la figura ad esso associata, è usato alla fine del I sec. d. C. in una epistola di Paolo di Tarso. Nella seconda lettera che scrisse ai fedeli tessalonicesi, San Paolo dice che la Parusia, ossia il secondo ritorno di Cristo nella gloria, sarà preceduto dalla manifestazione vittoriosa dell’Iniquo. Solo se questi appare, infatti, può essere poi definitivamente sconfitto dal figlio di Dio. L’avvento della totale iniquità caotica, però, è trattenuta, contenuta, ritardata prima della Parusia, da qualcosa, o qualcuno che Paolo chiama Katéchon. Anche tale figura o situazione, dunque, dovrà prima o poi eclissarsi, per permettere al caos di affermarsi, onde rendere così poi possibile la sua definitiva sconfitta. L’Impero Romano, o la stessa Chiesa, sono stati visti come concrete materializzazioni del Katéchon. Ma di Katéchon ce ne sono stati molti nella storia umana. La prova è che, senza di esso e in assenza del secondo ritorno di Cristo, l’umanità sarebbe già stata spazzata via dalla Terra, o ridotta a infima sopravvivenza.

Questo lo ha teorizzato alla metà del secolo scorso il giurista e filosofo della politica tedesco Carl Schimtt. Nel 1922 esce una sua opera dal titolo Teologia Politica, nella quale afferma che tutte le categorie politiche della modernità non sono altro che secolarizzazioni, attualizzazioni desacralizzate dell’antica teologia. E in ciò fa riemergere e rende attuale proprio la figura del Katéchon. La proietta sul Grossraum, sul Grande Spazio delle potenze planetarie in lotta tra di esse, l’America, l’Unione Sovietica, la Cina, la Germania, l’Europa. L’Iniquo sarebbe la sottomissione totale dell’umano a una fatale e ingannatrice omologazione politica globale. Essa, infatti, genererebbe in realtà una distruttiva guerra civile mondiale. L’Europa, invece, dovrebbe costituire il Grande Spazio terrestre del Katéchon, di ciò che trattiene, contiene ritarda, rimanda l’immane catastrofe

Paolo aveva detto che il figlio della perdizione, l’Anticristo si sarebbe elevato sopra Dio stesso, prendendone il posto con discorsi di pace, giustizia e bene generale capaci di ingannare tutti. In questi giorni, proprio in Italia, non si sente altro che parlare del Superiore Bene del Paese. Ogni forza politica eleva come propria proclamatoria premessa di scelta politica il superiore Bene dell’Italia. Beni, inoltre, che mutano continuamente, repentinamente. Ciò che si è proclamato fino al mattino, alla sera prima, è scagliato nell’abisso dell’oblio digitale e un nubifragio di nuovi, transeunti vangeli flagella la quotidianità dell’atmosfera politica italica. Peggio di tale tradimento di voti, valori e alleanze c’è solo quello delle milizie libiche nel loro quotidiano ribaltamento di schieramenti e scannamenti. 

Tutti quelli che – già in avanzato stato di decomposizione –  entrano dentro lo spazio del Katéchon Draghi, lo fanno in nome della guerra civile che è per gli altri la loro soggettiva visione del bene sacro. Draghi, però, è chiamato a trattenerli, con-tenerli, tenerli dentro di sé. E questa connotazione è proprio quella più precipuamente katechonica. Lo spiega bene Massimo Cacciari nel suo libro del 2013 Il potere che frena, Saggi di teologia politica: “È impossibile non tenere in sé ciò che si vuole contenere”. Il Katéchon, per sua natura, tiene dunque in sé entrambe le spinte: quella dell’Anticristo e quella che partecipa alla battaglia contro il suo marasma catastrofico. 

Draghi non è un banchiere, nel senso di un proprietario o presidente di banche private. Ha esplicato la sua scienza economica attraverso lo strumento monetario, quando è stato alla guida di due grandi istituzioni pubbliche: la Banca d’Italia e la Banca Centrale Europea. In tali incarichi ha dimostrato anche spiccate doti politiche. Senza di esse non avrebbe potuto affermarsi contro i forti e folti avversari che gli si opponevano. Un tecno-scienziato dell’economia, dunque, con solide e ampie basi teoriche di radice keynesiana. Deve trattenere in sé, frenare il pandemonico canale di scolo dei crucifiggenti Beni superiori dell’Italia. Anche lui appartiene a tale torbida roggia, in quanto l’avanzare dell’Era Tecnica scandisce il tramonto, l’eclissarsi progressivo dell’antico Evo Politico. Nondimeno, però, in lui c’è anche l’aurora della nuova Età. La (de)composizione del governo da lui formato lo mostra plasticamente: il mummificato orrido del passato e le sorgenti del futuro paradiso tecnico. Questa volta, però, un’altra più micidiale variante dell’Anticristo dovrà contenere il Katéchon: quella della virale pandemia in atto, evocata dalla protervia meramente umana nel distruggere diabolicamente il proprio pianeta. 

di Riccardo Tavani

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