Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi: noi siamo coloro che maledicono i confini

Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi, 160 anni in due, fondatori della associazione Linea d’Ombra che a Trieste accoglie i migranti che sono riusciti ad attraversare i Balcani. Non hanno commesso nessun reato, ma per loro, la solidarietà diventa reato. La polizia ha fatto irruzione nella loro abitazione, che è anche la sede della associazione, hanno sequestrato i telefoni cellulari, i libri contabili, altro materiale, alla ricerca di prove per un’imputazione di favoreggiamento della immigrazione clandestina. Linea d’Ombra si prende cura di persone, fratelli ci insegna Papa Francesco, feriti, affamati, soli, senza nulla, infreddoliti, sporchi, che non sanno cosa fare.

Loro, Lorena e Gian Andrea, li aspettano, li aiutano, li curano, li riscaldano nel corpo e nel cuore. Sono per i profughi come gli Angeli salvatori che si presentano quando tutti ti abbandonano. Non hanno colpe, Lorena e Gian Andrea, se non quella di amare il prossimo, non un prossimo qualunque, ma il prossimo così vicino, ignudo, affamato e infreddolito, con le piaghe ai piedi. Lorena e Gian Andrea, ormai ottantenni, gli curano i piedi, li lavano, li disinfettano, gli donano la speranza che c’è sempre qualcuno che ti accoglie. Questa accoglienza, non gradita alle Istituzioni politico-giudiziarie, tanto che fanno perquisire la loro casa, alla ricerca di qualcosa che possa accusarli. Ma cosa possono trovare di così compromettente, niente. Sicuramente trovano amore. L’amore per il prossimo che è nostro fratello. Ma questo è reato di immigrazione clandestina. La fame, il freddo, lo stato di abbandono e privazione, non viene considerato. Viene considerato reato un gesto di “fratellanza” di “accoglienza”, viene considerato reato l’amore.

L’amore. L’amore che Lorena e Gian Andrea condividono alla stazione di Trieste, lavando i piedi, curando ferite, questo amore è reato. Così Lorena, figlia di partigiani, tutti i giorni, con il suo carrettino verde, in piazza della Libertà, la piazza del mondo, con tanti altri volontari, aiuta, tende le mani, accoglie, senza badare ai documenti, senza fare distinzione di razza o religione, insieme al suo compagno di una vita, Gian Andrea, accolgono, asciugano le lacrime, donano un sorriso. Un gesto umanitario di umiltà scambiato per reato da una legge ingiusta che vieta di amare il fratello.

Intanto cresce l’iniziativa lanciata da Lorena un mese fa, quel “Ponte di Corpi”, stilando e il manifesto. È la convocazione di donne e uomini per chiedere l’apertura delle frontiere: il 6 marzo “un Ponte di Corpi” attraverserà l’Italia dal sud al nord e, nello stesso giorno, alcune donne si incontreranno sul confine più violento, quello della Croazia. Un’azione per gridare contro le violenze e i respingimenti di cui sono vittime ogni giorno donne e uomini della rotta balcanica. “Con il nostro corpo di donne su un confine di morte volgiamo dire che il migrante è portatore di vita, scrive Lorena, noi siamo coloro che dicono no alla paura, noi siamo coloro che maledicono i confini”.

di Claudio Caldarelli

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