Senza fissa dimora. Ostia in aiuto a chi non ha niente

Morire  di freddo, di solitudine, di invisibilità, di indifferenza. Morire nelle nostre strade, nei tunnel delle stazioni, tra il passaggio veloce della gente, morire perché sei invisibile.

Sono dodici dall’inizio dell’inverno i senza fissa dimora morti a Roma, sono uomini e donne hanno un nome, un età, una provenienza, ma troppo spesso per la società sono semplicemente numeri.

Il freddo dell’inverno è uno dei problemi da affrontare, tuttavia il “piano freddo” messo in campo dai comuni nel periodo invernale, ha un effetto tampone indispensabile per intervenire sull’emergenza, ma non è risolutivo per chi vive in strada.

La crisi economica da inizio pandemia, l’aumento della povertà e dello stato di indigenza, stanno ampliando l’emergenza sociale,  i dati dei centri di ascolto della Caritas che confrontano il periodo 2019, 2020  mostrano che da un anno all’altro l’incidenza dei “nuovi poveri” passa dal 31% al 45%, quasi una persona su due che oggi si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta.

In questo scenario, la condizione drammatica dei senza fissa dimora non può che peggiorare,  se non si interviene attuando politiche di welfare che partano prima di tutto dal restituire una dignità alle persone, aiutandole ad uscire dalla condizione di invisibilità.

Ad Ostia alcune cooperative e associazioni  sono impegnate nel sostegno ai senza fissa dimora. Marco Severa 33 anni, alcuni anni di esperienza nella cooperazione internazionale con i profughi Siriani in Turchia e Serbia, un anno e mezzo fa ha fondato l’Associazione il Filo di Dina. L’associazione prende il nome di sua madre, forte sostenitrice dell’impegno nel sociale di Marco  venuta a mancare in quel periodo.

Insieme ad altre associazioni di volontariato il Filo di Dina è impegnata nel centro anziani sul lungomare Toscanelli, che ospita h 24, circa 17 senza fissa dimora.

All’interno del centro gestito da una cooperativa, si distribuiscono pasti, indumenti e ogni genere di assistenza. Sono rispettate tutte le normative anti covid ed i volontari e operatori sono costantemente sotto controllo con tamponi a scadenza regolare. Il centro ha una funzione importante ma da solo non basta.

 Marco ci spiega che il numero di posti delle strutture di accoglienza non sempre è sufficiente per coprire le necessità, alcuni senza fissa dimora continuano a restare in strada, qualcuno per scelta, ma anche per carenza di posti. La chiusura del dormitorio della Caritas ha aumentato le difficoltà, anche per questo motivo, con la sua associazione una volta a settimana fa unità di strada direttamente sul territorio.

Dopo le richieste d’intervento alla regione Lazio per coprire l’emergenza freddo, dal 18 febbraio le stazioni Lido Centro e Castel Fusano rimangono aperte anche di notte, in quest’ultima i volontari presidieranno i locali offrendo coperte e sacchi a pelo dalle 22.00 alle 8.00 del mattino, a comunicarlo è l’Unione Inquilini di Ostia in una nota.

Non è semplice fare un censimento di quanti siano i senza fissa dimora ad Ostia perché alcuni si spostano in altre zone, altri ritornano dopo tempo, il numero varia, ma l’emergenza persiste soprattutto quando a fine marzo il piano freddo sarà concluso e tutte queste persone si ritroveranno fuori dai centri di accoglienza.

I senza fissa dimora vivono in un circolo vizioso, rappresentato con chiarezza e umanità da Marco, non hanno documenti, alcuni sono stranieri e hanno il problema della lingua, spesso sono gravati da dipendenze e alcolismo, vivono una condizione di indigenza con ricadute pesanti anche sulla salute fisica e mentale.

L’aspetto più importante è la necessità di un recupero sociale, che li aiuti ad uscire dallo stato di invisibili.

Uno dei problemi è proprio la mancanza di una residenza che gli permetta di richiedere un documento d’identità, a queste persone serve sostegno anche per le semplici questioni burocratiche. Sicuramente, come afferma proprio Marco, uno sportello di assistenza sul territorio potrebbe servire come primo punto di aiuto.

A questo dovrebbe seguire un intervento più strutturale, con un osservatorio sulla marginalità sociale finalizzato al reinserimento nella società. Perché spesso provvedere al necessario non è sufficiente.

Il recupero sociale di chi vive ai margini è una sfida che coinvolge le istituzioni, le associazioni umanitarie, ma non solo, è necessario rimettere al centro il diritto ad una vita dignitosa. Ognuno di noi può fare la sua parte, affinché ai numeri si sostituiscano, nomi, vite, esistenze e chi è invisibile torni ad essere prima di tutto una persona. 

di Susi Ciolella

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