In cerca di a’koub

La Gundelia è una erbacea perenne, simile a un cardo, che cresce in zone aride fino a 2500 metri di altitudine. In Palestina la Gundelia, chiamata a’koub, è un’importante risorsa alimentare. Della pianta si consumano i fusti, le foglie teneri e i capolini immaturi. Raccoglierla, dopo le piogge autunnali o invernali, fa parte della cultura palestinese.

In cerca di a’koub, qualche giorno fa, Zaid, Saquer, Jaber, Omar e Yassin, cinque ragazzini tra i 7 e i 12 anni, si sono avvicinati all’insediamento coloniale di Havat Maon costruito a sud di Hebron.

La cosa non è piaciuta però ai coloni che hanno visto in quei bambini palestinesi un pericolo. Immediatamente è stato allertato l’esercito e i piccoli sono stati accusati di aggirarsi intorno all’insediamento con l’intenzione di rubare. I cinque raccoglitori sono stati caricati a forza su un mezzo militare, condotti alla stazione nella colonia di Kirtyat Arba e trattenuti per ore.

L’episodio, grazie ad un video dell’arresto diffuso dalla Ong B’Tselem, il Centro israeliano di informazione sui diritti umani nei Territori occupati, ha provocato un giusto sdegno. Purtroppo, l’arresto per Gundelia rappresenta solo uno dei tanti episodi di sopraffazione che, inevitabilmente, un’occupazione militare porta con sé.

Israele ha conquistato la Striscia di Gaza e la Cisgiordania nel giugno 1967 e da allora, in varie forme, come qualsiasi entità occupante, ha espropriato, oppresso e compresso i diritti umani nei Territori.

Le demolizioni di case, la detenzione amministrativa, l’espulsione di comunità, la tortura, la chiusura di strade e la negazione del diritto al risarcimento per danni causati dalle forze di sicurezza a danno della popolazione palestinese sono fatti, verificati e sanzionati anche dall’Alta Corte di giustizia israeliana.

Per mettere fine a questo stato di cose, costruire un futuro migliore, basato sui diritti umani, la democrazia, la libertà e l’uguaglianza non c’è altra strada che lavorare, come fa B’Tselem, alla fine dell’occupazione.

Perché l’attuale, e illegale, status quo porterà solo nuova violenza e altra ingiustizia. E ucciderà la speranza.

di Enrico Ceci

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