Poveri obesi


Li incontriamo per le strade della città, chini su carrelli della spesa carichi di buste e cartoni o seduti all’angolo di una via del centro, con le gambe distese e accavallate e, di lato, fagotti, coperte e scatole di merendine. In inverno se ne stanno dentro le stazioni della metropolitana finché qualche solerte vigilantes non li allontana, d’estate affollano le panchine dei parchi o le fermate degli autobus.

Qualche volta si fanno compagnia, come le due sorelle, ormai anziane, che vivono tra la stazione Termini e Villa Borghese a Roma, più spesso trascorrono le giornate in solitudine, come Bobo, un uomo di origine russa che gira per le strade di Via Veneto, con gli occhi fissi, stralunati dall’alcool o dalla disperazione. Difficile stabilire i loro anni: la strada scava solchi sul viso, gonfia i piedi, deforma le mani. I danni fisici si sommano a quelli psichici, sottraendo anni a quelle esistenze senza casa e senza diritti. Ma l’impatto visivo, quando ci si trova ad incrociarli, sembra un paradosso: sono obesi. Ho conosciuto Peter nella periferia di Los Angeles, ad Anaheim, a poca distanza dal parco di Disney World. Era un uomo irlandese partito da Dublino per inseguire il sogno americano e finito ad ingigantire il numero dei senzatetto negli Stati Uniti che, secondo un recente studio dell’OCSE, sono il Paese capofila, tra quelli industrializzati, per numero di homeless: circa 532mila.  

Peter dormiva a pochi metri dall’entrata del mio albergo, a ridosso di una fermata dell’autobus che portava in centro. Passava le giornate tra il supermercato dove chiedeva qualche moneta e la macchinetta dei tramezzini e bibite, posizionata all’angolo fra due strade affollate di turisti. A vederlo così grande e grosso si sarebbe detto in salute, ma era così: la sua salute, in realtà, era fortemente compromessa. Così come è compromessa quella dei milioni di senza tetto. L’alcool fa la sua parte ma anche il cibo spazzatura è corresponsabile del declino fisico di queste persone. La loro è un’alimentazione fortemente squilibrata. Le stime della FAO ci dicono che, in media, noi tutti consumiamo 1600 grammi di cibo al giorno e assumiamo mediamente 3252 calorie, un dato allarmante per la nostra salute.

In condizioni di povertà diminuiscono, fino a dimezzarsi, i grammi di cibo ingerito,ma la quantità di calorie  rimane molto alta. Questo significa che,  tutti mangiamo troppo, ma chi ha un tetto sopra la testa e non si trova in uno stato di indigenza mangia in maniera più equilibrata. I responsabili sono i distributori automatici di patatine, merendine, snack dall’altissimo valore calorico,  ma anche i fast-food dove per due dollari o due euro, si possono acquistare doppi cheeseburger e coca-cola. Anche nelle mense per i poveri o nelle distribuzioni di cibo per le strade , gli alimenti a disposizione potrebbero essere causa di sovrappeso e obesità. Nei pressi delle grandi stazioni, i volontari consegnano panini imbottini, ma anche piatti con pollo arrosto e patate fritte.  A Roma, davanti alla stazione Termini, in una sola sera, capita che operino contemporaneamente diverse organizzazioni e che ognuna di queste distribuisca cibo; il risultato è che molti homeless mangiano più volte e in maniera compulsiva. Quando il dolore per un passato difficile, per scelte sbagliate o per una vita inclemente si riversa nel cibo non è difficile né paradossale incrociare lo sguardo di un povero in sovrappeso.

di Nicoletta Iommi

 

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