La protesta dei lavoratori del trasporto aereo

silviaNessuno riesce a spiegare come mai Alitalia, la nostra unica compagnia di bandiera (sottolineo di bandiera, perché sarebbe disonesto non ammettere che ovunque nel mondo, quella A stilizzata ricorda l’Italia al mondo intero) non riesca mai a vivere momenti tranquilli. Quando feci le selezioni io, circa trentasei anni fa, ci fu la guerra del Golfo a farci temere il fallimento a causa degli stravolgimenti geo-politici, la crisi del petrolio, gli spostamenti degli assetti politici nel Medioriente, tanto che per circa un anno e mezzo furono bloccate le assunzioni e quelle poche vennero fatte a singhiozzo. Poi finalmente nel 1987 si aprì uno spiraglio, il turismo riprese così come i collegamenti internazionali e tanti di noi ebbero l’opportunità di entrare a far parte di quella che era considerata una azienda leader, un orgoglio nazionale, un colosso italiano capace di essere riconosciuto ed apprezzato in tutto il mondo.  

Poi mettiamoci pure la deregulation, le torri gemelle, l’isis, lo tsunami e come direbbe Jack Blues, anche “il terremoto, una tremenda inondazione, le cavallette”! Nessuno può contestare il fatto che fosse una compagnia al top.  Addestramento al top della sicurezza, piloti ed assistenti di volo super specializzati grazie a training specifici ripetuti annualmente, al top per la gestione delle emergenze, al top per le procedure antincendio, al top per il primo soccorso e per la risoluzione delle emergenze mediche: ci hanno insegnato a trattare passeggeri con attacchi epilettici, infarti, soffocamenti da cibo, malesseri generici e addirittura parti. Addestrati per evacuare un aeromobile pieno di passeggeri in meno di un minuto in caso di atterraggio d’emergenza, addestrati per pilotare nelle peggiori condizioni meteo, affrontando nei simulatori le più imprevedibili criticità ripetutamente, fino allo sfinimento, fino al punto che la dimestichezza con l’imprevisto diventa routine.

Addestrati a parlare le lingue del mondo, ma soprattutto a parlare e capire l’unica lingua che tutti nel mondo capiscono, la lingua dei gesti e del sorriso risolutore, quella lingua che ovunque risolve i problemi, quella per cui spesso, anche se non si è capito nulla di quello che ci viene detto, alla fine riesce a tranquillizzare chi chiede supporto e aiuto. Addestrati a far finta che una valigia al check in non pesi mezza tonnellata, addestrati a sospirare all’imbarco dell’ennesimo  passeggero che si presenta con trolley, borsa a mano, porta computer, ombrello, passeggino e scatola di cannoli, che innocentemente si affaccia sulla porta dell’aereo carico come un mulo ( lo stesso passeggero che sa benissimo che altre compagnie non permetterebbero nemmeno di fargli portare una tracollina di cento grammi). Addestrati a controllare che sottobordo tutto fili liscio, che il carburante sia quello sufficiente, che il peso nella stiva sia quello giusto e soprattutto grazie a calcoli infinitesimali, che sia perfettamente bilanciato per non creare problemi in decollo o peggio ancora in atterraggio. Industriosi come formichine intorno al formicaio, è bello vedere muoversi gli operai  sottobordo che movimentano mezzi, c’è chi guida i carrelli con le valigie, chi i camion con i trolley dei pasti, gli addetti di rampa che controllano i bus dei passeggeri da imbarcare e sbarcare,  chi scarica i bagagli da stivare e chi li carica aspettando dentro la pancia dell’aereo che le valigie salgano sul nastro,  chi si occupa delle assistenze speciali,  ci sono gli addetti del catering che sistemano i pasti a bordo e che scaricano i carrelli usati dei voli appena arrivati, i tecnici che controllano che tutto funzioni a perfezione C’è un mondo intorno ad un aereo: come si fa a non capirlo?

Parecchie decine di persone ruotano intorno ad un volo e vi sembrerà assurdo, ma dalla torre di controllo alla sala operativa, dagli istruttori dentro i simulatori di volo, agli addetti all’imbarco, dagli scaricatori dei bagagli, agli addetti al rifornimento carburante, dal call center al check-in, dal pilota alla hostess, dal tecnico della manutenzione all’impiegato del lost and found, ognuno di loro, in questo momento, si trova senza futuro. Vi sembrerà assurdo ma nessuno di loro riesce a vedere una luce in fondo al tunnel, nessuno di loro riesce a spiegarsi come mai da anni, nonostante percepisca uno stipendio al limite del ridicolo, nonostante abbia dato la massima disponibilità ed abbia permesso all’azienda di raggiungere un costo del lavoro tra i più bassi d’Europa, nonostante i voli siano pieni e le tariffe alte, non si riesca ad uscirne fuori.

I vari governi si sono alternati a condurre il balletto fino allo sfinimento, la vendiamo, no non la vendiamo più. La smembriamo, no al contrario la compattiamo. La dividiamo, si dai, buttiamo la bad company alle ortiche e ci teniamo la parte migliore, no anzi vendiamoci i fiori all’occhiello e teniamoci le spine. Vendiamoci i migliori slot, anzi perché no, ma chi ce lo fa fare a venderli! Facciamo una bella fiera di beneficenza e doniamo quelli ambiti da tutte le compagnie del mondo, ma si dai, ma regaliamoli. Perché, non far contente anche le compagnie più piccole? Magari le più giovani, le low cost, le ultime arrivate, quelle che, come nei libri di King, come neri uccelli malevoli, stanno appese ai fili della luce aspettando l’agonia della vittima, uccellacci che volando in tondo intorno ai nostri hub, stanno in attesa di rubarci le rotte migliori, in attesa che la ferita “ex” compagnia di bandiera, esali l’ultimo respiro per gettarsi finalmente sulla carcassa finendo di divorarla.

Ci hanno detto e ripetuto più volte ultimamente che non c’è nessun bisogno di una compagnia di bandiera, ma soprattutto che, se anche ce ne fosse bisogno, questa non sarebbe certo l’Alitalia. Una compagnia costata miliardi ai cittadini, tanto inutile, che neanche il suo nome ha più valore! Da ora in poi si chiamerà Ita, nella speranza che il nome corto aiuti, così come Ugo rispetto a Massimiliano, a combinare meno danni. Nessuno di noi però, anche pensandoci e ripensandoci, riesce a spiegarsi come fa una compagnia gestita da parecchi anni da Commissari Straordinari scelti appositamente dal governo per i loro meriti e le loro specifiche competenze, a non riuscire mai, per un motivo o per l’altro a salvarsi.  Come spiegarsi il fatto che commissari super partes con la mission di salvarla, con il mandato per adottare strategie mirate ad evitare il fallimento, con fondi, aiuti e misure straordinarie, non riesca a farlo! Non solo non riesce a farla rimanere a galla, non solo non riesce a farla sopravvivere, ma nemmeno riesce a non farla annegare in quel fango schifoso e maleodorante in cui è immersa (e dico fango per non dire qualcosa del medesimo colore, ma ovviamente assai più puzzolente). Come si fa a gestire una azienda in crisi con l’incarico di salvarla e non fare il minimo sforzo per salvarla davvero?

di Silvia Amadio

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