Abbiamo ancora tempo?

Le altre scadenze alle quali l’umanità va incontro          

Quando arriva un’emergenza globale, quale la pandemia di Sars-Cov2, sembra normale non pensare ad altro: campagna di vaccinazioni; ripristino dell’economia; una sanità che eviti il ripetersi di altri eventi simili. Per ciascun aspetto, abbiamo dei tempi da rispettare (giorni, mesi, anni), per non vanificare gli sforzi, ma, il rischio più grande è che di fronte a quest’emergenza, perda di vista tutto il resto, si dimentichino le altre scadenze, anche non scritte, che incombono sui nostri destini. Quotidianamente ci confrontiamo con i pericoli, le precauzioni, i lutti, le limitazioni, dovuti alla pandemia e se, per esempio, ci accorgiamo che l’onnipresente gel disinfettante sta finendo, sappiamo che dobbiamo rifornirlo entro un tot di tempo. Però, di fronte agli immancabili rifiuti plastici che galleggiano sulle nostre acque, quanti di noi pensano al tempo che manca prima che le micro plastiche e gli ftalati danneggino irrimediabilmente il patrimonio genetico del pianeta? E di fronte ad un clima che non rispetta le stagioni, quanti di noi si preoccupano del tempo che manca, prima che gli effetti dell’innalzamento globale delle temperature, siano irreversibili? A giudicare dai comportamenti e dalle nostre scelte, sembrerebbe nessuno. Eppure gli scienziati (con valutazioni discordanti), ci dicono che anche il dimezzamento delle emissioni di CO2 nell’atmosfera, per il 2030 da parte dell’Europa, sarà insufficiente e tardivo. Ma noi tutti pensiamo al gel che sta finendo, invece di pensare che sarà la vita su questo pianeta che è destinata a finire.

Dopo gli evidenti danni dovuti alle scelte rigoriste, in economia forse qualcosa sta cambiando, ma non si vede un’inversione di tendenza nella forbice sociale ed i ricchi sono sempre più ricchi, mentre tutti gli altri (anche le classi medie) sono sempre più poveri: nei decenni si è persa quell’equità, che rende civile il confronto sociale. Proprio l’aumento di questo divario determina tutte le tensioni sociali, le migrazioni, gli estremismi, i conflitti civili e tra stati. Se non s’invertirà questa tendenza, è probabile che queste tensioni portino a dei “bagni di sangue” (ma i politologi, non concordano su eventualità e tempistiche), a lotte tra poveri o a rivoluzioni. Ma mentre tutto questo scenario continua, noi ci accorgiamo solo del gel che sta finendo.

Le politiche a tutela dei deboli (di genere, di orientamento sessuale, di provenienza geografica, di estrazione economica), sembrano tutte rimandate sine die, perché ritenute “non impellenti” in questo momento storico; ma le migrazioni coi barconi, le violenze sulle minoranze, i femminicidi, continuano ad esserci e a mietere vittime, anche perché non vedendo una scadenza di tempo per porvi rimedio, non ci sentiamo incalzati a farlo. A parlare dei diritti dei gay o dello ius soli, per esempio, ci si sente rispondere che oggi dobbiamo pensare al virus. Così, non potendo vedere tutti i “piccoli drammi” della società, delle singole vite, non sappiamo quanto manchi all’irreparabile di ogni individuo, come in trasparenza del dispencer per il disinfettante.

Quindi, è sicuramente giusto che la lotta alla pandemia prosegua, con ogni mezzo, ma questo non ci obbliga a rimandare tutto il resto, perché l’umanità e questo pianeta possono morire anche per altro, che non sia un virus. Non conoscendo tutte le scadenze di ogni male del pianeta, è il caso di iniziare subito ad intervenire in ogni campo, perché non sappiamo quanto tempo ci è concesso ancora. E facciamolo mentre continuiamo a mettere le mascherine, a distanziarci, a vaccinarci e a rifornire il gel, prima che questo finisca.

di Mario Guido Faloci

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