Tengo famiglia

Premesso che i ghiacciai si stanno sciogliendo e il livello del mare sta salendo (no, non sono un giornalista, ma vorrei anch’io rispettare la modesta proposta fatta nel numero precedente di Stampacritica), vorrei parlare di alcuni fatti di cronaca avvenuti in queste due ultime settimane: nonostante tutto, la vita continua, almeno per il momento.

Il più divertente è stato il tentativo di costituire una “superlega” europea di calcio, per far giocare un torneo più esclusivo ad un gruppo di squadre autonominatesi “li mejo fichi der bigonzo”.

La vicenda, che fortunatamente si è risolta in un ridicolo nulla di fatto, non sarebbe degna di nota, se non fosse che mi ha riportato alla memoria un’altra vicenda di argomento calcistico, non altrettanto effimera, ma altrettanto… truffaldina.

Nel luglio 2018 è sbarcato in Italia Dazn, il servizio di video streaming già attivo in altri Paesi europei. L’affare nasce, a quanto dicono, per evitare che l’emittente titolare dei diritti televisivi per il calcio ne abbia il monopolio, dal momento che – per qualche strano motivo – tale acquisizione esclude persino la possibilità di telecronaca, anche parziale, per tutte le altre.

Eh già, il monopolio non è una buona cosa, consente di fare il prezzo che si vuole, pone limitazioni alla fruizione, contrasta con le regole del libero mercato e col diritto di dare e ricevere informazioni. Si dovrebbe allora rompere il regime monopolistico, per esempio restituendo un pieno diritto di cronaca al servizio pubblico televisivo; oppure vendendo i diritti di tutte le partite ad almeno due emittenti, affinché la concorrenza possa condurre a migliorare il servizio e ridurne i prezzi, e restituisca ai cittadini-clienti un diritto di scelta.

Almeno così pensavo, povero illuso! Si è invece pensato meglio di raddoppiare il monopolio… fingendo di dividerlo. Suona strano, ma posso spiegarlo. Diciamo che “il calcio” vende un pezzo dei diritti ad uno, e un altro pezzo ben distinto a un altro “concorrente”. Ma così ciascuno è monopolista di quanto gli appartiene e in nessun modo può far concorrenza all’altro. Anzi, se sono appassionato di calcio, dovrò pagare due abbonamenti; o forse no, perché magari il secondo è compreso nel primo: ma non dovevano farsi concorrenza? In parole più appropriate, non si fa libero mercato, si fa un “cartello”. Come se, per assurdo, esistesse un monopolista della vendita di pentole, e si decidesse di dividere il mercato in due, per evitare tanta ingiustizia. Solo che, invece di consentire che entrambi i soggetti possano vendere pentole – tutte le pentole, così che l’acquirente possa scegliere la qualità e il prezzo più convenienti – si è deciso che uno venderà le pentole, l’altro i coperchi. Il risultato? Due monopoli anziché uno. Così nel calcio. Il risultato? Il servizio è pessimo e la convenienza scarsa.

Non lo dico io, che sono un vecchio brontolone: lo dice l’antitrust, che ha multato Dazn, perché il servizio era inferiore a quanto pubblicizzato e, se non bastasse, perché l’offerta di un assaggio gratuito di un mese era ingannevole (detto in italiano corrente: una bufala).  

Verrebbe da pensare che forse l’antitrust serve a qualcosa. Invece forse no, per due motivi. Primo, perché non si è dato pensiero della furbata del raddoppio del monopolio, cioè che si trattasse di un “cartello”, che all’antitrust dovrebbe fare orrore per definizione; secondo, perché 500.000 € di multa farebbero paura a me, ma non di certo a una multinazionale.

A questo punto, qualcuno si chiederà: ma che c’entra Dazn con la superlega?

Alcune voci (riporta Il Corriere dello Sport) sostengono che dietro all’operazione fallita ci siano Dazn e i lauti guadagni dei nuovi diritti televisivi.

Questa volta, gli è andata male, ma la faccenda del doppio monopolio gli è andata benissimo! 

Il meno divertente dei fatti di cronaca è stato il video di Grillo sulla brutta storia dell’accusa di stupro a carico del figlio. Per niente divertente, visto l’argomento doloroso di cui si tratta: una donna ha sempre il diritto di non essere usata da “quattro coglioni”, come Grillo li definisce, ed a prendersi il tempo che vuole per una difficile decisione. Meno divertente anche per gli argomenti usati da Grillo, gli stessi che i maschilisti più retrivi hanno sempre adoperato: in sintesi, che in realtà lei ci stava e che i ragazzi volevano solo divertirsi. Un gerarca del ventennio non avrebbe scelto argomenti diversi. È pur vero che le orge esistono, ma perché dare pubblicamente un giudizio così di parte a una vicenda delicata, già incardinata in un processo giudiziario? Sembra proprio un’entrata a gamba tesa, qualcosa di improprio, se non falloso, per usare un linguaggio calcistico.

Oggi Grillo è un leader politico, anche se senza… portafoglio. Ha fondato un movimento politico, gli ha dato un’identità inequivoca (idee e regole peculiari nel panorama politico italiano), lo ha portato ad essere maggioranza relativa in Parlamento e azionista di maggioranza di tre governi consecutivi. Perciò non dovrebbe permettersi questi argomenti, né queste uscite. E poi, sembra aver fatto propria quella divisa del “tengo famiglia” che apparentemente combatteva con la sua azione politica. In nome del “tengo famiglia” si può comprenderlo, ma non certo approvarlo, come non si può approvare il “tiene famiglia” con cui la moglie del capitano Biot ha cercato di giustificare le azioni del marito: poveretto, cosa poteva fare, con quattro figli, quattro cani e una casa a Pomezia da pagare! Tengono famiglia anche i percettori dei tanto combattuti vitalizi, tengono famiglia anche i boiardi di stato che sono ingrassati a spese del contribuente, anche quei politici che Grillo mandava a… quel paese. So bene che è difficile avere il coraggio di attenersi a ideali e condotte al di sopra dei propri affetti, che pure nessuno vuol rinnegare. Anzi, tutti – me per primo – dovremmo chiederci come ci comporteremmo in situazioni analoghe. Ma è proprio questo che fa la differenza: è questa la linea di confine al di qua e al di là della quale possiamo avere una società solidale ed etica o una società egoista e prona all’interesse “particulare”, individuale o di famiglia. Non è facile, ma Grillo ha fatto la sua scelta, che non sarà priva di conseguenze politiche, come tutti gli esempi, buoni o cattivi, da parte dei personaggi pubblici più in vista. Altri hanno fatto scelte diverse, anche a costo della vita.

di Cesare Pirozzi

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