Berlinguer: l’austerità per cambiare lo stato delle cose

Enrico Berlinguer, già segretario del PCI (partito comunista italiano) nelle conclusioni al  convegno degli intellettuali del 15 gennaio 1977 al teatro Eliseo di Roma, sviscera il concetto di “austerità”, a differenza di quanto accade oggi, in un’eccezione positiva, come valore etico-morale in contrasto con l’individualismo sfrenato e lo spreco. Austerità e rigore, come elementi per sostituire un sistema economico neoliberista basato sul mercato senza regole e sugli sprechi, solo per aumentare i profitti. L’avidità che incarna il profitto al solo scopo di arricchire pochi e impoverire tanti. Berlinguer aveva intuito che solo l’utilizzo di una economia sociale basata sui consumi necessari e intelligenti, avrebbero permesso a tutti di avere una vita decorosa e dignitosa. L’austerità quindi non come limite, ma come crescita sociale, come antidoto contro il veleno del consumo: “Per noi l’austerità è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento del sistema che è entrato in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l’esaltazione di particolarismi e dell’individualismo più sfrenati, del consumismo più dissennato…Anzi, si potrebbe osservare che come spesso, nelle società decadenti, sono andati, vanno insieme e imperano le ingiustizie e lo scialo, così nelle società in ascesa vanno insieme la giustizia e la parsimonia”.

Il convegno, chiamava a raccolta gli intellettuali comunista, ma maggiormente era rivolto agli intellettuali tutti, “per mettersi al lavoro” per elaborare un progetto di rinnovamento della società italiana. La politica non può evolversi senza cultura, è la cultura, “in pienezza di libertà e di spirito critico”  necessità della politica per trasformare lo stato delle cose.

L’austerità giusta di Berlinguer, era molto di più di un manifesto, era una proposta politica del più grande partito comunista occidentale, per superare le società dei consumi e costruire una nuova società su ideali di uguaglianza, fratellanza e libertà.

“L’austerità non è oggi un mero strumento di politica economica cui si debba ricorrere per superare una difficoltà temporanea, congiunturale, per poter consentire la ripresa e il ripristino dei vecchi meccanismi economici e sociali. Questo è il modo con cui l’austerità viene concepita e presentata dai gruppi dominanti e dalle forze politiche conservatrici. Ma non è così per noi. Per noi l’austerità è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento del sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l’esaltazione di particolarismi e dell’individualismo più sfrenati, del consumismo dissennato. L’austerità significa rigore, efficienza, serietà, e significa giustizia; cioè il contrario di tutto ciò che abbiamo conosciuto e pagato finora…” questo scriveva Enrico Berlinguer nel 1977, cioè più di quaranta anni fa, ma attuale oggi con la Pandemia è il Recovery Found, o il PNRR (piano nazionale di rinascita e resilienza). Ma come può funzionare un piano senza rigore, senza efficienza, senza cambiare il sistema.

“L’austerità è per i comunisti lotta effettiva contro il dato esistente, contro l’andamento spontaneo delle cose, ed è, al tempo stesso, premessa, condizione materiale per avviare il cambiamento. Così concepita l’austerità diventa arma di lotta moderna è aggiornata sia contro i difensori dell’ordine economico e sociale esistente, sia contro coloro che la considerano come l’unica sistemazione possibile di una società destinata organicamente a rimanere arretrata, sottosviluppata e, per giunta, sempre più squilibrata, sempre più carica di ingiustizie, di contraddizioni, di disuguaglianze”. Superare l’attuale stato delle cose per introdurre elementi si socialismo nella gestione delle economie in modo da far avanzare il movimento operaio, migliorandone le condizioni e garantendo a ciascuno i propri bisogni. Berlinguer era, nel 1977, di una attualità sconvolgente: “Quando poniamo l’obiettivo di una programmazione dello sviluppo che abbia come fine l’uomo nella sua essenza umana e sociale, non come mero individuo contrapposto ai suoi simili; quando poniamo l’obiettivo del superamento di modelli di consumo e di comportamento ispirati a un esasperato individualismo; quando poniamo l’obiettivo di andare oltre L’appagamento di esigenze materiali artificiosamente indotte, e anche oltre il soddisfacimento, negli attuali modi irrazionali, costosi, alienanti e, per giunta, socialmente discriminatori, di bisogni pur essenziali; quando poniamo l’obiettivo della piena uguaglianza e dell’effettiva liberazione della donna, che è oggi uno dei grandi temi della vita nazionale, e non solo di essa; quando poniamo l’obiettivo di una partecipazione dei lavoratori e dei cittadini al controllo delle aziende, dell’economia, dello Stato; quando poniamo l’obiettivo di una solidarietà e di una cooperazione internazionale, che porti a una ridistribuzione della ricchezza su scala mondiale; quando poniamo obiettivi di tal genere, cos’altro facciamo se non proporre forme di vita e rapporti fra gli uomini e gli Stati più solidali, più sociali, più umani, e dunque tali che escono dal quadro e dalla logica del capitalismo”. Questi criteri, questi valori, questi obiettivi sono propri del socialismo, ma riflettono un’aspirazione che non è solo della classe operaia, ma riflettono valori anche di quella parte di popolo di ispirazione cristiana. Enrico Berlinguer teatro Eliseo 1977, “…voglio concludere il mio intervento proprio con la tranquilla conferma di questa nostra impostazione: da essa non dobbiamo discostarci mai.

di Claudio Caldarelli

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