Per ricordare alla gente di oggi persone dell’altro millennio

In questi giorni, dice l’eretico, ricorrono gli anniversari delle morti di Aldo Moro e di Peppino Impastato.

Si sono avuti pochi momenti di ricordo, senza insistenze.

È (?) o sembra più importante, nel nostro presente, volere uscire di casa un’ora di più la sera, tornare a sedersi in un bar, applaudire allo stadio… Quei fatti, quegli omicidi fanno parte di un passato in cui si viveva e si moriva per un’idea, in cui ci si impegnava, si pativa per realizzare qualche      elemento verso una società più giusta.

Anch’io, aggiunge l’eretico, facevo, faccio parte di quel passato. E non sopporto l’idea che ne sia cancellata non solo la validità storica, ma addirittura il ricordo. E per questo oggi dirò del giornalista, musicista, politico Peppino Impastato, e del politico statista Aldo Moro.                                                                                                                       

Peppino, dice l’eretico, era nato in una famiglia mafiosa e pagò con la vita la sua scelta di essere libero, di non accettare il circuito di mafia che ne componeva contatti e asservimenti al servizio del capomafia Gaetano Badalamenti (nei servizi di radio AUT Peppino lo chiamava “Tano Seduto”).

Il padre, Luigi, mandato al confino in Sicilia nel periodo fascista, si era legato alla mafia tramite il cognato, morto per attentato interno alla malavita. Ma aveva già provveduto a cacciare di casa il figlio, prima di morire anche lui in un dubbio incidente stradale.

Peppino, ricorda l’eretico, viveva nella piena consapevolezza di essere considerato un pericolo mortale, per i malavitosi di Cinisi. Ma aveva scelto vivere il futuro, in ogni campo:

 -in quello della musica, quando con compagni formò il gruppo Musica e cultura

-in quello della comunicazione, con la fondazione di una radio libera autofinanziata, che chiamò Radio Aut;

-in quello sindacale, conducendo le lotte di edili, di disoccupati e in particolare di contadini contro l’espropriazione delle loro terre;

-in quello della politica, quando a 17 anni fondò il foglio L’idea socialista, quando si iscrisse al Psiup, quando partecipò alle iniziative de Il Manifesto e di Lotta Continua, quando si candidò con Democrazia Proletaria alle elezioni comunali del suo paese (fu eletto, ma era stato già ucciso), quando denunciò i traffici di droga gestiti dal Badalamenti con connivenze politiche democristiane esercitate in particolare sull’aeroporto di Punta Raisi.

Ma vivere il futuro, commenta l’eretico, significò per Peppino condanna a morte di mafia, e la sentenza fu eseguita nella seconda settimana del maggio 1978,

con la simulazione di una morte accidentale nella predisposizione di un attentato terroristico.

Ci furono continui depistaggi nelle indagini e nei processi conseguenti, con prove decisive raccolte dai compagni di Peppino ed ignorate dal corpo indagante. Ma finalmente l’11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti fu condannato all’ergastolo,  

Nelle stesse ore dell’uccisione di Peppino Impastato, ricorda l’eretico, veniva rinvenuto in via Gaetani, a Roma, il corpo senza vita di Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana, sequestrato dalle Brigate rosso il 16 marzo 1978 in un agguato in cui morirono i cinque uomini della sua scorta, i carabinieri Oreste Leonardi e Domenico Ricci e i poliziotti Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi.

Non voglio parlare, dice l’eretico, dell’intensa vita politica dello statista pugliese, morto nei giorni in cui con il nuovo governo si attuava il primo momento delle “convergenze parallele” che avrebbero dovuto portare l’Italia a superare la rottura del 1948. Sarebbe stato forse possibile realizzare il progetto di un paese più giusto, fondato sugli ideali delle due forze cardine nella Resistenza e nella realizzazione della Costituzione. Non è stato così, purtroppo. L’Italia ha subìto il periodo dell’egemonia craxiana e del governo del pregiudicato di Arcore, con le conseguenze che sappiamo.

No, voglio riferirmi, precisa l’eretico, alle lettere che Aldo Moro ha scritto nella sua prigionia e che ci sono in qualche modo pervenute.                                             

In esse c’è con chiarezza una posizione che lo statista esprime scrivendo al segretario della DC Benigno Zaccagnini in questi termini: ..“se non sia possibile dare con realismo alla mia questione l’unica soluzione poltica possibile, prospettando la liberazione di prigionieri di ambo le parti..”

Ecco, in un mese di presunte trattative, di indagini condotte con molti dubbi tali che hanno portato il giudice dell’inchiesta Ferdinando Imposimato a scrivere con Sandro Provvisionato il libro: “Doveva morire”, ecco, il punto è stato lo stesso che si creò nel dopoguerra con il “Decreto presidenziale di amnistia e indulto per reati comuni, politici e militari” avvenuti durante il periodo dell’occupazione nazifascista. In esso il movimento partigiano non fu riconosciuto come forza belligerante (posizione accettata invece per la milizia di Salò). Ugualmente, nel caso Moro, non si è voluta riconoscere per le Brigate Rosse una posizione in qualsiasi modo diversa dal Terrorismo. Il massimo fu l’appello “Uomini delle Brigate Rosse” di Paolo VI°. Ma non bastò.

L’eretico non ha altro da dire sulla morte di Moro, salvo riportare sue posizioni che ne esprimono la lucidità (da alcuni negata).

In una lettera alla DC, come suo Presidente, convoca il Consiglio Nazionale scrivendo: ..”Allora ho il potere di convocare per data conveniente e urgente il Consiglio Nazionale avente per oggetto il tema circa i modi per rimuovere gli impedimenti del suo Presidente. Così stabilendo, delego a presiederlo l’On. Riccardo Misasi.”.

E ancora, in altra lettera a Zaccagnini:  “io ripeto che non accetto l’iniqua ed ingrata sentenza della DC. Ripeto: non assolverò e non giustificherò nessuno. Nessuna ragione politica e morale mi potranno spingere a farlo.”

E infine, in altra lettera allo stesso: “ ecco, sono qui per comunicarti la decisione cui sono pervenuto nel corso di questa lunga e drammatica esperienza ed è di lasciare in modo irrevocabile la Democrazia Cristiana.”

Aveva davvero ragione Imposimato: “Doveva Morire”.

di L’eretico

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        

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