Il “difensivista”

Il “defensive decisión making” altrimenti detto ‘difensivista’ in realtà chi è? Un falso prudente!

Una mentalità eccessivamente prudente non sempre porta a ottimi risultati, anzi, può essere l’allarme o la spia del fatto che all’interno dell’organizzazione, della vita, della famiglia, del proprio lavoro, forse c’è troppa incertezza.

Alcuni recenti studi hanno fatto emergere il cosiddetto ‘defensive decision making’ cioè,  quel processo per cui talvolta si prendono delle decisioni che non sempre risultano essere migliori per l’azienda (e non solo): sono però l’alternativa che apparentemente ne minimizza i rischi.

Combattere l’indecisione e l’incertezza si può. È indispensabile innanzitutto cambiare la visione e la prospettiva delle cose: ad esempio non tutti i fallimenti possono essere considerati negativi, a volte da un fallimento nasce un’occasione di apprendimento o un cambio di vita inaspettatamente migliore (…si chiude una porta e si apre un portone…).

Ciò che spinge le persone, i manager, i padri di famiglia, i soci, verso processi decisionali decisamente ed eccessivamente difensivi è spesso la volontà di evitare situazioni di stress per timore di non disporre di risorse necessarie o semplicemente conoscenze utili per affrontarli.

Vi sono poi delle caratteristiche comuni che identificano questa forma di difensivismo:  atteggiamenti, parole, ritualità che si ripetono e che possono aiutare ad evidenziare quella eccessiva prudenza che in realtà maschera ben altro:

nell’elenco dei tratti comuni che evidenziano il difensivista io metterei al primo posto la mancanza di comunicazione o di idee chiare e la non condivisione degli obiettivi; in secondo luogo una certa rigidità nell’applicare schemi comportamentali di tipo manageriale o semplicemente organizzativi; un terzo fattore che emerge immediatamente parlando e  confrontandosi con il difensivista è senza dubbio l’ ipocrisia di ascolto attivo soprattutto quando l’argomento trattato non è tra quelli di suo gradimento; in ultimo, ma non per questo meno importante, io sottolinerei una gestione minimale o assente di leve motivazionali verso se stesso e coloro che lo circondano.

Volendo riassumere i punti che ho appena citato emerge facilmente agli occhi di tutti che l’atteggiamento conservativo spesso porta ad un loop troppo cautelativo, mascherato da alcune di quelle frasi tipiche che in realtà ci dovrebbero allertare perché rappresentano il segnale che siamo di fronte non a un leader o un manager bensì a una persona che grazie ad opportune azioni formative o di coaching potrebbe migliorare e perfezionare le proprie doti innate di leadership, doti che si nascondono dietro il falso atteggiamento da conformista (“si è sempre fatto così in passato…”); da time keeper (“non abbiamo abbastanza tempo per sperimentare”); da pessimista (“e se poi ci rendiamo conto che la strada è sbagliata? diventa difficile tornare indietro e ripartire…”); da riflessivo (“prendiamoci del tempo per riflettere…”).

Chi non ha un amico che ha avviato un’attività imprenditoriale e si lamenta che gli affari non vanno bene ma quando tenti di dargli un consiglio nemmeno ti ascolta? Eccolo … è lui, il difensivista! 

di Tommasina Guadagnuolo

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