FRANCESCA SAVERIO CABRINI Quando i migranti eravamo noi

Nel processo di mettere le mani sui fondi messi a disposizione dall’Unione Europea, industriali di ogni categoria e la stessa Confindustria lamentano la mancanza di figure professionali adeguate al lavoro di oggi e di domani.

Vale forse la pena di ricordare che le analoghe strutture di Germania e di Francia hanno saputo utilizzare le professionalità di quei migranti dalla Siria, dall’Africa Francese, dai paesi dell’Est, mentre da noi il problema erano gli sbarchi mediterranei con la drammatica morte di molti, ma soprattutto lo sfruttamento in nero, in ore di lavoro, in paga oraria e in condizioni di sopravvivenza dei migranti più sprovveduti.

Vale forse la pena di ricordare che da noi con la legge 107 del 2015 (La Buona Scuola!!!) era stata prevista l’Alternanza scuola-lavoro, obbligatoria per tutte le studentesse e gli studenti degli ultimi tre anni delle scuole superiori, licei compresi, ma che la stessa è stata quasi totalmente disattesa dalle imprese, o peggio utilizzata non per svolgere una funzione formativa, ma piuttosto per lucrare una condizione di lavoro il più basso a costo zero.

Vale forse la pena di ricordare che negli anni sessanta, quando assai ridotte le disponibilità di lavoro specializzato, la Federchimica cercò di utilizzare organizzazioni (soprattutto in campo cattolico), per addestrare per uno due semestri con corsi minimi ex piccoli contadini o ex pastori che attirati da un salario sicuro, abbandonarono le loro povere terre o vendettero le loro greggi. Erano corsi minimi, di saper riannodare un filo che si era spezzato nei telai, o di saper leggere un biglietto di istruzioni del caporeparto.

 

Erano altri tempi, davvero. Se fosse esistito il reddito di cittadinanza, certamente pochi l’avrebbero accettato al posto di un lavoro, di un lavoro vero; e questo per dignità, per livello retributivo, per senso di solidarietà e di appartenenza alla classe operaia.

Ma purtroppo la società di oggi, la società dell’egoismo, dei consumi forzati ti abbrutisce, anche in questo.

 E sei costretto a chiederti se fra dieci anni lo sforzo che l’Unione Europea ha organizzato vedrà un’Europa più giusta, più solidale, un’Europa cui, mi disse un vecchio marinaio, ognuno ha il diritto di spendere tutto quello che ha, ma nessuno ha il diritto di accumulare, di avere più di quello che può spendere.

È una lunga premessa, me ne scuso. Volevo ricordare, nel giorno anniversario della sua nascita, il 15 luglio, Francesca Cabrini, una donna italiana che ha anticipato il Concilio Vaticano Secondo, che ha vissuto  la “Fratres Omnes” di Francesco,

E che, donna, ha saputo essere di Magistero, e non di Servizio, al punto di essere nominata Celeste Patrona di tutti gli Emigranti (Pio XII°)

Lo ha riconosciuto Francesco, che di Francesca Saverio Cabrini ha indicato la sua missione:“formare e inviare per tutto il mondo donne consacrate, con un orizzonte missionario senza limiti, non semplicemente come ausiliarie di istituti religiosi o missionari maschili, ma con un proprio carisma di consacrazione femminile, pur in piena e totale disponibilità alla collaborazione sia con le Chiese locali che con le diverse congregazioni che si dedicavano all’annuncio del Vangelo ad gentes”.

Rimasta orfana, voleva entrare in convento, ma non la accettarono per motivi di salute. Con poche compagne, fondò la Congregazione delle Suore Missionarie del Sacro Cuore di Gesù.

Come San Francesco Saverio, del quale volle prendere il nome, sognava di andare missionaria in Cina. Ma Leone XIII°, il papa della ”Rerum Novarum” le indicò quale luogo di missione l’America, dove migliaia e migliaia di emigranti italiani vivevano in drammatiche e disumane condizioni. Si pensi che tra il 1901 e il 1913 emigrarono in America quasi cinque milioni di italiani, di cui oltre tre milioni provenienti dal meridione. Un vero morbo sociale, un salasso, come lo hanno definito parecchi politici e sociologi.

E Francesca nelle sue ventiquattro traversate oceaniche viaggiò come loro, condivise i disagi e le incertezze dei nostri compatrioti, ma non solo, si batté per rendere meno indecente il loro insediamento, con straordinario coraggio affrontò la metropoli di New York, badando agli orfani e agli ammalati, costruendo case, scuole e un grande ospedale. Passò poi a Chicago, quindi in California, onde allargare ancora la sua opera in tutta l’America, sino all’Argentina.

I suoi rapporti con l’istituzione chiesa non furono facili: quando il vescovo di Piacenza, mons. G.B. Scalabrini, che si occupava da tempo di emigrazione, le offrì di dedicarsi agli Italiani emigrati in America in un compito di servizio, chiedendole di accettare la direzione di una scuola e di un asilo a New York, Francesca si rese disponibile, ma sempre ribadendo la sua vocazione di Magistero Missionario, senza sacrificare l’autonomia del proprio istituto, opponendosi al farlo diventare una filiale degli scalabriniani.

Gli inizi non furono semplici. L’arcivescovo newyorkese Corrigan cercò addirittura di rimandare in patria quelle suore che, a suo avviso, non avevano una sufficiente base finanziaria per i loro progetti. Ma Francesca   Saverio riuscì a coinvolgere nel suo progetto cattolici americani con importanti disponibilità economiche e con la sua incredibile capacità economica fece crescere le presenze e le attività della sua confraternita al punto che alla sua morte, nel1999, esistevano ben sessantasette case e circa milletrecento suore tra gli Stati Uniti, l’Italia, la Francia, la Spagna, l’Inghilterra, il Nicaragua, Panama, il Brasile e l’Argentina.

Leone XIII° era stato profetico con le sue indicazioni a Francesca:

“Non a Oriente, Cabrini, ma all’Occidente. L’Istituto è ancora giovane. Ha bisogno di mezzi. Andate negli Stati Uniti, ne troverete. E con essi un grande campo di lavoro. La vostra Cina sono gli Stati Uniti, vi sono tanti italiani emigrati che hanno bisogno di assistenza”.

E i pontefici presero atto del messaggio di Cristianesimo sociale di Francesca Saverio Cabrini. Pio XI° la proclamò Beata nel 1938, Pio XII° la celebrò Santa, nel 1946.

Ma ci fu qualcosa di più. Nel 1925 le Missionarie di Francesca Saverio Cabrini riuscirono ad andare in Cina. 

di  Carlo Faloci  

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