La storia di Vincenzo, il pescatore di uomini di Lampedusa

Le case di Lampedusa hanno tutte un colore diverso. Una rossa, l’altra blu, un’altra ancora gialla, quella accanto bianca. Questo perché i pescatori, quando sono lontani o mentre stanno tornando al porto, possano vederle e riconoscerle da lontano. Il mare infatti ti trascina via, a volte ti culla ma altre ti schiaffeggia, ti getta nell’incertezza. Trovare casa, invece, ti rassicura.

Tutti dovremmo avere questo diritto. Guardare un posto e pensare: “quella è casa mia”. Lo sanno bene i pescatori di Lampedusa. Lo sa bene Vincenzo Partinico, pescatore lampedusano di 57 anni. Un omone con due occhi timidi e mani grandi, solca il mare da quando ha 12 anni. E ne conosce quindi le leggi. Quando trovi un uomo in mare, ad esempio, c’è solo una cosa da fare: tirarlo su, metterlo in salvo e portarlo a sicuro. “Ogni pescatore sa che non si può lasciare nessuno”.

La storia di Vincenzo inizia alle 4.45 del 12 giugno scorso. “Io e il giovane che mi aiuta, Antonio, stavamo aspettando l’alba per pescare. Avevamo ancora le luci accese, eravamo a 39 miglia dalla costa. Poi a un certo punto ho sentito un urto. Pensavo di aver preso qualcosa. Poi all’improvviso sulla prua ho trovato otto persone”.

È un attimo, giusto il tempo di abituare l’occhio al buio e vedere che nel mare c’è una piccola barca, una carrettella, piena di migranti. Si sbracciano, si muovono, ma iniziano a imbarcare acqua. “Alcuni sono finiti in mare, così Antonio ha iniziato a lanciare i salvagenti, io li tiravo su come potevo. Ne abbiamo recuperati due, poi un altro”. Alla fine saranno 24 i migranti salvati da Salvatore e Antonio. “Ho avuto paura – ha raccontato il pescatore a La Sicilia – Avevano i vestiti zuppi d’acqua e negli occhi spalancati il terrore di quello che avevano vissuto. Avranno pensato di morire. Lì, in mare. Mentre cercavano una vita migliore. Una volta a bordo ho dato loro l’acqua e i panni che avevo a bordo”.

Erano partiti in 24, si erano persi, fuori dalle rotte tradizionali, e in 24 toccheranno le coste di Lampedusa. Nessun disperso, nessun morto. Sembra andare tutto bene. Eppure qualche giorno dopo, a casa di Vincenzo Partinico, arriva la denuncia “per sconfinamento”. Perché quelle 39 miglia, più i 300 metri fondamentali per aiutare degli uomini in mare, erano troppi. Vincenzo e la sua barca, la “San Matteo”, erano illegali. “Io lo sapevo che sarebbe successo, ma che facevo? Li lasciavo là e facevo finta di niente? Lo rifarei mille volte, possono farmi tutte le multe che vogliono”.

Mentre racconta Vincenzo sembra sicuro. Poi ad un certo punto, quando ricorda le urla e gli occhi degli uomini che ha salvato, inizia a piangere. Lo fa dal palco del Festival Lampedus’Amore, mentre sta ricevendo un premio. Lo fa davanti a centinaia di persone. Senza paura, senza vergogna. E sono delle lacrime bellissime, che contagiano tutti per la loro forza e la loro purezza. “Siamo tutti uguali, poteva succedere a me o ad Antonio di ritrovarci in mare”.

Vincenzo scende dal palco senza quasi dire niente. Il premio tra le sue mani grandi e le lacrime sul suo faccione. Prende e si rimette seduto tra il pubblico, come se nulla fosse. Ecco, gli eroi forse sono fatti proprio così. Sono persone normali che hanno dato retta al cuore. Senza mantelli e superpoteri. A volte basta una barca, infatti, per diventare pescatori di uomini.

di Lamberto Rinaldi

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