Per la commissione d’inchiesta a Malta Daphne Caruana fu uccisa dallo Stato

Il rapporto della Commissione d’inchiesta indipendente maltese, punta il dito contro l’establishment politico-mafioso definito come «una piovra» che ha tentacoli ovunque: governo, polizia, sistema finanziario.

Tre magistrati indipendenti hanno indagato sfidando omertà e reticenze del potere. Silenzi e complicità favorirono la campagna d’odio e la rete di protezione per mandanti ed esecutori contro la giornalista. Dunque senza la complicità delle istituzioni Daphne Caruana Galizia non sarebbe stata uccisa.

Così maturò l’omicidio di una giornalista troppo scomoda per essere lasciata libera di investigare e raccontare la verità. L’inchiesta pubblica, nacque con l’obiettivo di stabilire se lo Stato avesse fatto tutto il possibile per proteggere Caruana Galizia e perseguitare i responsabili.

La commissione composta da tre ex presidenti di tribunale, avviata dopo le pressanti richieste del Consiglio d’Europa, ha approfondito il caso oltre i termini concessi dal governo, che avrebbe voluto chiudere in fretta l’indagine. Ma i tre magistrati hanno proseguito oltre la scadenza prefissata, scegliendo di lavorare gratis pur di completare il lavoro. Ne è nato un dossier di 437 pagine in cui i giudici hanno scritto che lo Stato «ha creato un clima di impunità, generato dai più alti livelli dell’amministrazione all’interno dell’Auberge de Castille (la sede del governo maltese), i cui tentacoli si sono diffusi nelle altre istituzioni, come la polizia e le authority regolatorie, portando al collasso dello Stato di diritto».

Nel rapporto si afferma che le istituzioni avevano creato un «clima di impunità» presente «in tutte le istituzioni». Galizia invece «veniva seguita ovunque andasse e le sue foto caricate su Facebook».

La macchina del fango che ha calunniato Daphne, preparando il terreno per la sua eliminazione ha nomi e cognomi. Non si sono limitati a irridere la giornalista. Per mesi hanno costruito una campagna di «deumanizzazione», dipingendo Caruana Galizia come una pazza, una folle le cui indagini non avevano nulla di serio.

Una propaganda denigratoria che è stata aggravata dai blog di Glenn Bedingfield che poi ha iniziato a ricoprire cariche ufficiali. Si tratta di un giornalista passato alla politica per conto del partito laburista. Accusato di aver alimentato il clima d’odio è pure Neville Gafà, un altro funzionario del governo che ha dipinto Daphne Caruana Galizia come una strega.

Va ricordato che Gafà, autore dell’accordo segreto tra Malta e Tripoli per i respingimenti illeciti di migranti, coinvolto in varie inchieste riguardanti interessi poco limpidi con la Libia, era stato processato dal Tribunale di Malta per le minacce ad Avvenire.

«La signora Caruana Galizia – ricorda l’inchiesta pubblica, alludendo proprio al ruolo di Gafà quale istigatore – veniva seguita ovunque andasse e le sue foto venivano caricate su Facebook insieme a commenti dispregiativi sia nei post di Neville Gafà che sul blog di Glenn Bedingfield e altri».

Gafà venne assolto per insufficienza di prove. Fuori dal palazzo di giustizia i giornalisti maltesi e la delegazione italiana venivano insultati dalla folla radunata a sostegno di Gafà.

La polizia era sul posto, ma nessun manifestante è stato mai identificato né denunciato. Ieri le scuse del premier Robert Abdela.

Ora la Commissione d’inchiesta chiede la fine di questa impunità.

Era il 16 ottobre 2017 quanto la reporter morì nell’esplosione di una bomba piazzata sulla sua auto. La giornalista maltese aveva 53 anni e tre figli. Una vita per la verità, una famiglia distrutta e tanta rabbia.

Mai allora si poteva sperare nella giustizia. Ora quella verità per la quale la donna, con coraggio e determinazione ha dato la vita non soltanto è venuta fuori ma è stato finalmente riconosciuto il coinvolgimento dello Stato e quella connivenza politico-mafiosa di cui tutti sapevano e tacevano.

Giustizia finalmente è stata fatta per Daphne Caruana Galizia, sperando che sia solo l’inizio di un percorso “limpido” sul lavoro delle Istituzioni.

di Stefania Lastoria

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