Futura intelligenza artificiale e perenne idiozia umana

Gli mancano meno di due anni per farne cento tondi, ma Henry Kissinger vuole mettere ancora le mani in pasta nella politica americana. E a dispetto dell’età, vuole metterla in ciò che riguarda un futuro non proprio a portata di mano. È quel futuro, infatti, chiamato Intelligenza Artificiale, Artificial Intelligence, in sigla AI, il raggiungimento delle cui tappe cruciali ha bisogno almeno di più di un lustro. E non si tratta questa volta di abbattere con un golpe il tentativo di emancipazione di un paese latino-americano come il Cile nel 1973. Questa volta il compito è leggermente più vasto e gravoso. Contrastare quella che a fine decennio è previsto essere la maggiore potenza economica del mondo: la Cina. Contrastarla nel predominio finale e nel vantaggio già attuale proprio nella partita strategica che si sta giocando sull’Intelligenza Artificiale.

The age of A.I – And Our Human Future, è il grido d’allarme in forma di libro scritto con due eminenze dell’hi tech più avanzata: Eric Schmidt, ex capo per molti anni di Google, e Daniel Huttenlocher, luminare del Massachusetts Institute of Technology. La chiamata alla mobilitazione è lanciata soprattutto verso l’Europa, molto indietro in studi e applicazioni AI, perché formi un fronte unico con l’altra sponda occidentale dell’oceano, nel confronto con il temibile tecno-dragone orientale. A quest’ultimo Kissinger propone un super gentleman agreement, ossia un patto su valori etici e pratici per non trasformare la contesa di oggi nelle radici d’un conflitto militare di domani. Certo, però, che proprio la centenaria volpe della diplomazia e della spregiudicatezza bellica a stelle e strisce non può nascondere che, al momento, la sua proposta di patto sia nient’altro che un bel mettere le mani avanti.

Lo sanno bene i vertici del Pentagono, dove invece la temperatura dell’allarme ha raggiunto ormai il calor bianco.

Poco più di un mese fa, infatti, Nicolas Chaillan si è dimesso dal suo prestigioso incarico di first chief software officer, ossia capo di tutta la branca informatica dell’Air Force e delle sue connessioni con l’intero Dipartimento della Difesa americano. Il trentasettenne alto responsabile ha denunciato proprio i ritardi – ormai quasi incolmabili – tra Usa e Cina, a favore di quest’ultima nel settore strategico-militare dell’AI. A giugno era esplosa la protesta di migliaia di dipendenti di Google Cloud, nei confronti del contratto di servizio firmato dalla loro azienda proprio con il Pentagono per il programma Project Maven. Allevati secondo l’originaria filosofia aziendale del Don’t be Evil, Non essere il male, essi si rifiutavano di collaborare alla realizzazione di sistemi bellici, sempre più micidialmente precisi, quanto illegali, con droni, strumenti di puntamento e sgancio, fino al riconoscimento facciale.  Di fronte alla catena di licenziamenti dei migliori ingegneri e cervelli aziendali, Google ha dovuto cedere e disdire il contratto, mettendo a rischio anche quello economicamente più ponderoso che va sotto il nome di Jedi, Joint Enterprise Defense.

Nicolas Chaillan, sbattendo rumorosamente sul tavolo e sui media le sue dimissioni dal Pentagono, vuole denunciare che la Cina – al contrario degli Usa – non ha alcuna palla al piede di questo tipo, dato che le sue più avanzate aziende tecnologiche sono obbligate a prestare i loro servizi all’apparato militare di Stato, senza troppo badare a controproducenti sofisticherie etico-umanitarie. Anche per questo Kissinger spinge alla sottoscrizione di un comune codice politico-morale, a salvaguardia non dei rispettivi popoli e confini, ma dell’intero, sovranazionale Our Human Future, come recita il sottotitolo del suo libro: il nostro futuro umano.

L’Intelligenza Artificiale, infatti, punta ormai a raggiungere e superare la soglia dell’umano. Mutuando le definizioni della relatività di Einstein, essa si articola in tre campi: Ristretta, Generale e Super. La prima è quella che già opera nelle nostre case e nei nostri devices con applicazioni quali Alexa, Siri, Google Traslate, ecc. Può essere oggi usata anche per composizione automatica di testi, opere d’arte, diagnosi mediche. Essa si basa sull’immissione nell’app di centinaia di migliaia, milioni di dati informativi, da cui attingere per elaborare ed espletare le sue funzioni.

Il secondo livello, l’AI Generale, sta cercando di superare questo stadio d’immissione informativa meramente meccanica, cercando di eguagliare la capacità del cervello umano di vagliare, connettere, sintetizzare autonomamente intuizioni, proiezioni, situazioni inedite e aperte. Con in più l’imparagonabile possibilità di scrutare istantaneamente dentro l’immane vastità delle reti a disposizione. Il timore è che tale livello possa giungere ad applicare risultati che noi non riusciremmo più a capire come sono stati conseguiti, sfuggendo così al nostro controllo. Questo avviene già in parte nell’AI Ristretta. È vero, infatti, che noi immettiamo nel computer migliaia di partite a scacchi o di Go, e loro varianti, giocate in tutto il mondo. Già ora, però, non si comprende del tutto per quali vie i circuiti interni ne abbiano sintetizzato una strategia in grado di battere i più eccelsi campioni di questi giochi.  John Searle, un importante filosofo della scienza americano, ha ideato un celebre esperimento mentale, chiamato Stanza Cinese. In esso si dimostra che un cervello artificiale non potrà mai eguagliare quello umano. Eppure gli scienziati sono convinti di poter, nel volgere di non molti anni, approdare a tale inaudita soglia.

La Super Intelligenza Artificiale, infatti, già si prospetta come campo di studio, in vista del superamento ritenuto ormai possibile dello stadio Generale. Qui la macchina è in grado non solo di uguagliare, ma di superare la soglia delle intrinseche capacità  e qualità di linguaggio, pensiero, calcolo e combinazione delle sinapsi cerebrali umane. Sì, è ancora fantascienza, ma questa, come l’utopia, può svelare le reali vie del futuro.

Utopia, ma anche distopia, non solo perché tale corsa all’oro dell’Intelligenza Artificiale può trasformarsi nella prossima guerra mondiale, ma soprattutto perché l’AI, in sé stessa, per proprie vie elettroniche interne, potrebbe essere in grado di scatenare un conflitto. A esserne convinto è Elon Musk, il super magnate di Tesla, SpaceX, Open AI. Musk attribuisce addirittura a un batterio entrato nel nostro cervello – il Toxoplasma – la spinta verso la scomparsa definitiva dell’uomo tramite AI. Così come le iene infettate da tale batterio – argomenta il vulcanico magnate – perdono la cognizione del pericolo, tendando di strappare prede direttamente dalle unghie dei leoni, similmente fanno gli uomini, approssimandosi sempre più velocemente alla cosiddetta singolarità tecnologica. Mutuandola ancora dalla relatività einsteiniana, questa espressione sta a indicare una soglia gravitazionale di non ritorno. Dai buchi neri in astrofisica, dalla possibilità dell’AI di modificarsi ed evolvere autonomamente, senza più necessità dell’apporto umano o – addirittura – contro di esso.

Elon Musk è stato anche un eruttivo e attivo negazionista del Covid-2. Lo è stato contro ogni evidenza di infezioni e morti anche dentro le sue numerose aziende. Si potrebbe così affermare che non l’Intelligenza Artificiale, o un batterio che la favorirebbe, ma un virus, ossia un’intelligenza del tutto naturale, si sta già assumendo il compito di spazzare via dalla faccia del pianeta l’altrettanto naturale – quanto perenne idiozia umana.

di Riccardo Tavani

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