Costruire ponti al posto di muri: le idee geniali di Zygmud Bauman

silviaIl 9 gennaio di quattro anni fa si spegneva a 91 anni il filosofo e sociologo polacco di origini ebraiche Zygmunt Bauman, lo studioso che ha contribuito all’analisi della società contemporanea, noto in tutto il mondo come il teorico della postmodernità, il filosofo che ha coniato il termine “società liquida” e che ha individuato e decretato l’impossibilità dell’era contemporanea di essere classificata con i canoni usati finora, quelli usati dal secolo scorso e che eravamo abituati ad usare fino a ieri.

Attraverso i suoi saggi, possiamo comprendere la sua geniale intuizione e la affermazione che oggi, non abbiamo mezzi per categorizzare la nostra società a causa della inafferrabilità di categorie adeguate per descriverla. Categorie che ci sfuggono a causa della globalizzazione che ha, di fatto, reso uniforme un malessere generale che impedisce una differenziazione del tessuto sociale, in parole povere il male è incredibilmente spalmato su tutto il globo, senza soluzione di continuità. Psicologo, sociologo e studioso di antropologia, il pensatore fin da piccolo subì le ideologie antisemite, la necessità di fuggire dal suo paese per evitare lo sterminio e i campi di concentramento nazisti, in oltre cinquant’anni di studi, ha esplorato i temi legati alla fluidità identitaria dell’individuo, la difesa dei meno abbienti, dei poveri e degli emarginati. Negli ultimi anni di vita, ha studiato ed analizzato fenomeni come quello della importanza e della potenza di internet nella società moderna.

Incredibilmente attuale e geniale, il filosofo ha saputo cogliere soprattutto le disparità all’interno delle nostre culture, la dissonanza evidente e la attuale mancanza di armonia all’interno della società contemporanea. Dalla sua scomparsa, in soli quattro anni, si sono avverate tutte le previsioni che aveva ipotizzato nell’esposizione delle sue teorie, ad esempio l’aumento dei fenomeni trasversali come la crisi del mondo del lavoro, come le migrazioni dei più deboli verso zone dove poter sopravvivere, come l’aumento dei profughi, mettendo infine in luce il fallimento delle politiche di integrazione ipotizzate e mai realizzate veramente dai vari stati.

Tutti fenomeni illustrati come sintomi nefasti della globalizzazione e della crisi della nostra società si sono realizzati nel giro di questi pochi anni, nonostante siano stati messi in nota dai vari governanti di turno come i problemi più gravi e più urgenti da risolvere. Noti a tutti sono i suoi sforzi per combattere le ideologie totalitariste e la sua lotta contro quei governi e quei politici che negli anni, hanno fatto scelte drastiche come quella di costruire muri per interrompere i flussi migratori, oppure come la ufficializzazione di norme sempre più restrittive per l’emarginazione dei poveri, per il respingimento dei profughi e per la riduzione dei richiedenti asilo. In un suo intervento ad Assisi, ad un incontro interreligioso per la pace nel mondo organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, Bauman, parlò della necessità del dialogo come unica via di integrazione fra i popoli.

Papa Francesco presente anche lui a quella giornata di lavori sul tema della pace, approvò il suo punto di vista e ribadì come questo dialogo non fosse solo necessario, ma addirittura dovesse essere al centro dell’educazione nelle scuole di tutto il mondo, per fornire strumenti per risolvere conflitti in maniera diversa da come siamo stati abituati a fare finora. Ecco quindi che la soluzione al problema sarebbe possibile se solo si cambiasse il paradigma che finora ha regnato sovrano: individuare quel modo di pensare totalmente sbagliato che ha creato dinamiche consumistiche spalmate trasversalmente in modo omogeneo, che non ha portato i risultati auspicati dai politici di turno, anzi ha contribuito al crollo delle ideologie che nella postmodernità hanno portato allo sfacelo più totale, allo spaesamento dell’individuo e di conseguenza alla sua mancanza di controllo verso quei fenomeni di omologazione collettiva e uniformità globale che oggi osserviamo con tristezza. “La solitudine del cittadino” da lui intuita e pubblicata in uno dei suoi lavori più popolari, è la conseguenza di questo paradigma tanto devastante quanto diffuso, associata alla paura della società odierna, terrorizzata di perdere il benessere economico e lanciata verso il possesso di beni di consumo senza senso, una società dominata dal paradigma tecnologico che tutti noi ha soggiogato.

Come possiamo intervenire affinché i rapporti umani comincino ad essere rapporti di fratellanza e di apertura al dialogo e all’accoglienza, o meglio come possiamo pensare un intervento risolutivo in loco? Bauman detestava la nuova Europa del razzismo e dei muri, la civiltà che tenta di eliminare ogni contatto con quei profughi costretti a scappare dall’orrore, da fame, da guerre causate da problemi di diversa etnia o fede, il filosofo infatti, chiedeva di costruire ponti e non muri. Il sociologo aveva anche individuato che questa vacuità di ideali, colpisce gli stessi profughi, gli stessi migranti e le stesse persone che scappano dalle tragedie dei loro paesi e che fuggono anche perché desiderano esattamente gli stessi beni che possediamo tutti noi benestanti europei. Vogliono una nuova possibilità di vita, una casa ed un lavoro edificante, scappano per avere il meglio ed immancabilmente, immediatamente un minuto dopo, assumono lo stesso paradigma di pensiero, lo stesso malsano modo di volere la vita, spinti dal desiderio di possedere beni che affermino la propria identità e che diano loro l’effimero benessere tanto cercato e non trovato a casa loro. Nessuno finora è riuscito a convincerli che fuggire dalle loro terre non è tanto utile quanto imparare a rimanere, ad individuare i problemi che le affliggono, studiando strategie valide, impegnandosi alla trasformazione e alla risoluzione delle criticità, magari con l’aiuto di chi può veramente provare a risolverli questi problemi. Nessuno finora è riuscito a farsi ascoltare da loro, ed ecco ancora altri morti nelle acque del Mediterraneo, altre vite perdute nella speranza di raggiungere le coste dell’Europa.

Ecco perché anche noi, prendendo coscienza di questa liquidità dilagante, questa mancanza di definizione da lui individuata che tanto evidente si manifesta ai nostri occhi, non possiamo fare a meno di notare questa mancanza di valori e di constatare ancora ingiustizia e crisi sempre più crescente. Allo stesso tempo non possiamo fare a meno di lanciare appelli affinché cambi paradigma, cambi il modo di pensare, modo di accogliere, di lavorare, di interagire fra di noi, cambi stile di vita, cambino quei valori così privi di senso ma così tanto importanti oggi: un bel lavoro, un cellulare, un computer nuovo, una bella macchina tanti soldi e tutta quella moltitudine di oggetti superflui, che regalano la tanto agognata pace dei sensi.

di Silvia Amadio

 

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