L’Italia di Nonno Mario, ma i nipoti?

20 dicembre 2021, Gabriel Boric, 35 anni, è eletto dal voto popolare diretto Presidente della Repubblica del Cile.

22 dicembre 2021, Il Presidente del Consiglio Mario Draghi, 74 anni, definendosi “un nonno al servizio delle istituzioni” si candida alla carica di Presidente della Repubblica Italiana, nell’elezione solo parlamentare del prossimo febbraio 2022.

La sproporzione tra i due eventi politici è evidente. Il giovane neo-presidente cileno non ha neanche la metà degli anni del nostro probabile futuro Capo dello Stato. Altri candidati alternativi alla stessa carica (Berlusconi, Amato, Prodi) sono addirittura ultra ottuagenari, bisnonni; Gentiloni ha 68 anni, Casini 66. Tra le donne possibili, Casellati e Bonino hanno 75 anni, Marta Cartabia, 59 anni.

Il Cile è una repubblica presidenziale, con l’elezione popolare diretta del Presidente, il quale è anche capo del governo. In tale qualità designa ministri, governatori delle regioni, dirigenti delle province. L’Italia, invece, è una repubblica parlamentare. Il presidente è eletto solo dal Parlamento e da rappresentanti regionali. Qui, però, tocchiamo un punto estremamente critico.

Con Nonno Mario al Quirinale ci troveremo de facto, volenti o nolenti, in un assetto da repubblica semipresidenziale. In una situazione simile l’Italia si è trovata già con il cosiddetto Governo Tecnico, presieduto dal senatore Mario Monti, nominato dal Capo dello Stato Napolitano, chiamato Re Giorgio, cui l’esecutivo rispondeva direttamente. Restò però in carica solo 1 anno, 5 mesi e 12 giorni, dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013. Con Mario Draghi tale transitorio precedente sarebbe destinato inevitabilmente a consolidarsi, fino a divenire vera e propria una mutazione costituzionale in atto.

L’Europa, il mondo intero, infatti, vedono solo in lui non solo il vero attore protagonista ma anche l’unico regista politico-economico in grado di garantire credibilmente l’affidabilità internazionale di un’Italia caratterizzata ancora da numerosi e poderosi scompensi. Dopo il ritiro di Angela Merkel dalla plancia di comando dell’astronave continentale, Super Mario è visto come una delle principali figure all’altezza del suo lascito. Non a caso il presidente francese Macron recentemente ci ha tenuto a firmare – proprio con lui – una cruciale proposta di revisione del patto di stabilità europeo. La Francia è una repubblica presidenziale, Macron non è solo capo dello Stato, ma anche capo del governo. In tale veste, lui parla a tutta l’Europa e a tutto il mondo: quello che dichiara non è solo un ideale auspicio alla Mattarella, ma la linea politica che concretamente attuerà lo Stato a maggior peso politico continentale insieme alla Germania. E se firma un atto di tale importanza insieme a Draghi, significa che lo promuove, lo vuole alla sua identica – formale e sostanziale – altezza istituzionale. D’altronde anche un altro capo di Stato – decisivo per gli equilibri mondiali – come Putin ha già rivolto un esplicito invito a Mario Draghi per condurre una mediazione nella crisi sempre più acuta tra Russia ed Europa, cui è connessa anche quella con gli Usa.

Tutto questo significa che Draghi è già considerato un leader nonno al servizio delle istituzioni mondiali. Nessun altro esponente italiano gode attualmente e può godere domani di una tale considerazione internazionale. È questo che lo insedia al Quirinale de facto: il mondo vuole che egli – per il ruolo tra i grandi che può e deve svolgere – sia rivestito del massimo grado e prestigio istituzionale. Si può e si deve certo affermare che questo rappresenta un vulnus per la politica, per la democrazia. Immediatamente dopo, però, si deve aggiungere che la ferita è innanzitutto la politica che l’ha inferta a sé stessa: e l’attuale rilevanza del tecno-nonno-banchiere sulla scena italiana, europea e mondiale ne è la prova provata. La democrazia, soprattutto, ma non solo in Italia è stata usata, anzi abusata. Come è nel destino di qualsiasi strumento, mezzo, soprattutto se è tanto delicato quale quello del governo politico di uno Stato – essa si è anche inesorabilmente consumata. Uso, abuso e consumo che assumono il carattere di una tendenza all’irreversibilità. Questo per due fattori cruciali. Uno per il rilievo sempre più egemone della scienza e della tecnica nei processi operativi e decisionali a livello planetario. L’altro – connesso al primo – per il parallelo uso, abuso e letale consunzione degli equilibri naturali e climatici in atto sull’intero pianeta Terra.

Proprio alla luce di questi due critici fattori si dovrebbe riscrivere una nuova costituzione. Chi la dovrebbe scrivere, però? Prima di assumere la carica di Presidente del Consiglio, Nonno Mario, in diversi importanti prolusioni e articoli nazionali e internazionali ha esposto – con accenti allarmati e insieme nobili – la questione giovanile come uno, se non il più critico problema sociale del presente. Successivamente, varcata la soglia di Palazzo Chigi, sembra essersi dimenticato – in atti e discorsi – di questi suoi e nostri nipoti, nonostante si sia per loro notevolmente aggravato il rischio di Futuro Zero.

Torniamo così al Presidente Nipote, eletto in Cile il 20 dicembre scorso. Josep Borrell, l’alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari internazionali e la politica di sicurezza, ha auspicato una proficua collaborazione con lui sui diritti civili e sul clima. Sarebbe il caso lo contattasse anche Nonno Mario, che vada o meno al Quirinale. Innanzitutto per fare in modo che non si coalizzi contro di lui un deleterio fronte economico internazionale atto a stroncarlo ancora prima di cominciare. Ma soprattutto per sperimentare proattivamente insieme a lui la concreta possibilità che una nuova costituzione sia affidata a chi il peso del pianeta se lo troverà sulle spalle e dovrà non solo governarlo, ma farlo rivivere.

di Riccardo Tavani

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