“Volti al futuro”. Mostra fotografica per i 40 anni del Centro Astalli

Il Centro Astalli, Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, compie 40 anni e per festeggiare l’impegno che lo caratterizza fin dalla nascita di accompagnare, servire e difendere i diritti di chi arriva in Italia fuggendo da guerre e persecuzioni, ha inaugurato la mostra itinerante “Volti al Futuro, con i rifugiati per un nuovo noi”. A scrutare i volti dei 20 rifugiati e rifugiate accolti dal Centro Astalli e a raccontare con uno scatto le loro storie di vita, è il fotogiornalista Francesco Malavolta che da anni si fa testimone dei viaggi disperati e di speranza, di uomini, donne e bambini lungo le rotte dei migranti. Attraverso un obiettivo sensibilissimo, le fotografie in mostra, scattate nelle strade e tra i quartieri di Roma, restituiscono il passaggio dal prima al dopo; la famiglia, il lavoro, gli affetti, ma anche le sofferenze e la disperazione che i rifugiati si lasciano alle spalle e quello a cui sono andati e stanno andando incontro: un futuro migliore lontano dalle loro terre.

Ogni scatto è accompagnato da una breve descrizione, il racconto di una vita in poche righe:

“Ero un ragazzo quando ho lasciato Mogadiscio, Sono diventato adulto in viaggio. Ho attraversato il Mediterraneo su una barca, molti tra quelli che erano con me sono morti in mare, il futuro è qui dove sono libero di vivere la mia vita senza temere di essere ucciso”, si può leggere sotto il ritratto di Osman, somalo.

Lo scatto, che lo ritrae in maglione rosso e jeans, ha catturato i suoi occhi di antracite lucida, il sorriso abbagliante, la mano sul petto e la posa composta di chi ora si sente un po’ più al sicuro.

Gli occhi, nei 20 ritratti, non sono più persi nel vuoto, ma guardano al futuro.

Il ritratto di Estam, afghano, ci inchioda alle nostre responsabilità che non possono certo dirsi esaurite con il ritiro delle forze armate americane e la consegna del paese ai talebani:

“I talebani hanno distrutto la scuola in cui insegnavo inglese ai bambini, sono scappato perché un maestro che non può insegnare è morto anche da vivo. Ora sono salvo in Italia, ma la mia famiglia è bloccata lì. Tutti i miei sforzi sono per cercare di far arrivare qui i miei fratelli che rischiano di morire”.

La mostra, che dalla Chiesa di Sant’Andrea della Valle dal 1 gennaio 2022 si è oa trasferita nella chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in via del Caravita per poi spostarsi nelle sedi del Centro Astalli in altre città italiane, è stata accompagnata anche da un messaggio introduttivo di Papa Francesco rivolto ai rifugiati in cui ha sottolineato sia “il deserto di umanità” con cui devono scontrarsi troppo spesso durante il viaggio, sia i “segni di speranza”.

Riuscire a guardare al mondo attraverso gli occhi dei rifugiati significa avere consapevolezza dell’importanza di azioni incisive e gesti concreti.

di Nicoletta Iommi

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