La bella accoglienza

Claudio Caldarelli e Omero Di Marco

Un inno al silenzio, alla natura, alla vita. Per noi, è questo passo lento e corto, equivalente a gesti piccoli di fratellanza ma concreti, ripetuti nella vita di tutti i giorni. Solo così, ci ripetiamo, mentre dal parcheggio vicino al rifugio Alantino, poco prima di Campo Felice, inizieremo a vivere la montagna come nostra “sorella montagna” consapevoli che “la montagna più alta rimane sempre dentro di noi” come amava scrivere Walter Bonatti.

Mettiamo gli scarponi, i ramponi, le ghette e zaino in spalla ci avviamo verso la Valle del Puzzillo per salire su al rifugio Sebastiani, al quale avevamo preventivamente telefonato. Ci ha risposto Eleonora, che non conosciamo ancora, che ci dice che il rifugio è aperto. La prima parte del sentiero, innevato, è morbido, con alcuni leggeri saliscendi che attraversano il bosco. Lungo il sentiero la pista di fondo, battuta. Incontriamo alcuni gruppi con le Ciaspole. Tutti diretti al rifugio Sebastiani. Tutti diretti a mangiare la polenta ordinata in precedenza. È una bella giornata rigida ma di sole. Ci fermiamo e mettiamo la crema protettiva. Vicino alla vecchia miniera di Bauxite, ci fermiamo accanto al torrente, a riflettere sulle forme dei faggi spogli. Sono forme strane, ci diciamo, anche gli aceri sono strani, fermi e immobili. Un inno al silenzio. Un inno alla vita. Un inno all’amore. Passiamo oltre, il sentiero è lungo. Un cartello segnaletico indica la direzione e il tempo di percorrenza fino al Sebastiani: un ora e quarantacinque. Ma vale in estate quando non c’è neve e sul sentiero il passo si allinea al battito del cuore. Ma noi camminiamo zen. Lentamente, a piccoli passi. Vorremmo camminare a piedi nudi. Camminare a piedi nudi è salutare. È il modo più vivo e naturale di rapportarci con l’intorno, con le energie che il luogo trasmette e che la terra ci dona. Camminare è benessere. Per amplificare questa esperienza è necessario guardare gli alberi e la sommità delle montagne. Si stagliano decise verso il cielo quasi siano collegate con esso da un filo teso. Proprio come il nostro corpo eretto, la testa unita al cielo da un sottile raggio di sole, trasparente e denso di vita: la nostra essenza spirituale che si fonde alle montagne.

La vera medicina. Una medicina che insegna a tutti, prima di ogni cosa, a onorare noi stessi e la natura che ci circonda. Ci insegna ad ascoltarci, a conoscerci, a volersi bene, ad amarci, ad autoguarirci. Una medicina, il camminare in montagna, che ci insegna a cogliere la ricchezza della vita piuttosto che l’avidità e l’aridità della indifferenza. Sentirsi fratelli, un sentimento che ti avvicina alla vetta, quella vetta che ognuno di noi tiene racchiusa nel cuore. E tra una riflessione e l’altra, il sentiero diventa ripido, si alza di quota e il nostro passo lento, molto zen, subisce un ulteriore rallentamento. Ma il tempo è dato dal nostro respiro, dalla energia che acquisiamo ogni passo, non dalle lancette di un orologio, che tra l’altro non abbiamo. Il Sebastiani si avvicina, vediamo le bandiere che sventolano. L’ultimo tratto è irto, ma di una bellezza che appaga lo sguardo. La valle in fondo. Le vette intorno. La neve. I riflessi della luce. Tutto è bianco. Bianco. Tutto è energia. Un pellegrinaggio spirituale, un sentiero che conduce vicino al cielo. Il principio armonico che regola la gioia di chi scala i monti lo ritrovi qui, al Sebastiani, quando arrivi e trovi Eleonora che ti accoglie con un sorriso. Un semplice gesto. Un sorriso. Un sorriso che fonde la forza femminile di chi accoglie, alla fatica di chi sale. La squisita poesia della vita si materializza qui al Sebastiani. L’incredibile musica della esistenza si fonde con la danza delle stelle che illuminano il Velino.

di Claudio Caldarelli e Omero Di Marco

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