Cadavere 10. Barcone 30/06/2021

Cadavere 10. Barcone 30/06/2021”. È il cartellino legato sul pollice del piede destro di un piccolo corpicino di bambina. Si trova nella morgue, l’obitorio, dell’istituto anatomico forense dell’isola di Las Palmas, alle Canarie. È lì da sette mesi. Eppure, quella piccola bambina ha un nome. Aveva un nome. Si chiama Yamila. Anzi, si chiamava Yamila. Ha solo cinque anni. Aveva solo cinque anni. La piccola Yamila, così la chiamavano i suoi genitori, ora bloccati in Francia, da sette mesi. Non possono andare a riconoscerla. Non possono piangere la loro bambina. Non possono seppellirla. E lei, la piccola Yamila, giace nel frigorifero dell’obitorio, con un cartellino sul pollice del piede destro. I suoi genitori, gli avevano dato un nome. Si chiamava Fatmate Zara. Un nome bellissimo. Da principessa orientale. E per sentirla ancora di più parte della loro vita, parte del loro cuore, la chiamavano affettuosamente Yamila. Ora Fatmate Zara, anzi Yamila, è morta. Da sola. Senza la sua mamma. Senza il suo papà. È morta su un elicottero, mentre la trasportavano in ospedale, dopo 18 giorni di agonia su un barcone stracolmo, che attraversava l’Atlantico. Erano partiti da Dalje, sulle coste del Sahara occidentale. Si erano avventurati su un barcone diretto alle Canarie, per poi raggiungere un loro parente in Francia.

Yamila non piangeva. Era abbracciata alla sua mamma, sul barcone pieno di gente, troppo pieno. Eppure non piangeva. Anche quando è finita l’acqua. Anche quando la fame mordeva lo stomaco. Yamila, aveva solo cinque anni, ma non piangeva, si sentiva protetta abbracciata a sua madre. Si sentiva protetta dallo sguardo felice di suo padre. Vedeva il mare luccicare dentro i suoi grandi occhi. Sentiva il sospiro di sua madre che la cullava. Sentiva il mare. Non sentiva la fame. Non sentiva la sete. Sentiva il forte battito del cuore di suo padre che sosteneva la madre per non farla cadere. Yamila aveva resistito 18 giorni sul barcone alla deriva mentre attraversava l’Atlantico. Aveva resistito al freddo della notte. Al sole infuocato del giorno. Aveva resistito al panico e alla disperazione di tante altre persone che morivano lentamente alla deriva. Poi un miracolo. O forse solo un colpo di fortuna. Il 30giugno 2021 vengono soccorsi in extremis dall’equipaggio del mercantile Cape Taweelah. Ai marinai del mercantile che salgono sul barcone, si apre l’inferno. Una scena drammatica. A bordo c’erano 20 cadaveri e 32 superstiti, fra i quali la piccola Yamila. Che ancora respirava. Ma non piangeva. Era abbracciata alla madre. Quasi incarnata al suo grembo. Respirava ancora il respiro della madre che le accarezzava i capelli ispidi e ricci. Neri neri. Respirava con la bocca attaccata al seno della madre che non aveva più niente da donargli se non il suo respiro per tenerla in vita. Yamila respirava. Aveva 5 anni e non piangeva. Era aggrappata alle viscere si sua madre. Questo la teneva in vita. Si era fusa con lei. Era tornata ad essere parte di una parte più grande. I soccorritori la presero e caricarono su un elicottero militare per trasportarla all’ospedale di Las Palmas. Morì sull’elicottero. Efe, l’infermiera militare che tentò di rianimarla, mentre gli moriva tra le braccia disse: nonostante i suoi cinque anni, sembrava una bambola. Era parità dalla Costa d’Avorio. È morta in mare. È morta in cielo, su un elicottero, più vicino al Paradiso, se esiste. Se non esiste, più vicino all’alba dove nasce il sole, ogni giorno. E ogni giorno rinasce una nuova vita, con gli occhi lucidi e i capelli ispidi e ricci. Neri neri di Yamila.

I familiari hanno detto alle autorità di sostituite quel cartellino sul pollice del piede destro, scrivendoci il suo vero nome: Fatmate Zara “Yamila”. Ma non possono farlo. Fino a che non c’è un riconoscimento ufficiale, Yamila dovrà avere l’etichetta anonima al piede. Lunedì scorso, sette mesi dopo la morte, la piccola Yamila doveva essere sepolta con il nome anonimo è una lapide anonima. All’ultimo momento, il giudice istruttore del Tribunale di Las Palmas, ha accettato un rinvio, in attesa che sua madre possa abbracciarla una ultima volta e ribattezzarla con il suo nome. Il nome che gli sussurrava all’orecchio mentre il barcone era alla deriva. Il nome che quando lo sentiva, sorrideva, anche se erano 18 giorni che non mangiava. Il suo nome, respirato dalle labbra di sua madre, ascoltato nel battito del cuore di suo padre. Il suo nome, lo ha tenuta in vita 18 giorni, senza piangere. Senza chiedere. Senza avere paura. Mentre moriva, non aveva paura, e aveva solo cinque anni. Era abbracciata al grembo di sua madre. Era tornata nel grembo di sua madre. Era viva, non era sola in mezzo al mare, la teneva in vita il suo nome: Fatmane Zara “Yamila”. Ora gli hanno tolto quel nome. Per la burocrazia, la piccola bambina dai capelli ricci e neri neri, non ha un nome, ma un cartellino sul pollice destro:”Cadavere 10. Barcone 30/06/2021.

di Claudio Caldarelli

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