Ci hanno calato in testa l’elmetto

Guerrafondai. Si abbiamo un governo di guerrafondai. E ne sono fieri. Trovano ragioni, danno spiegazioni, tutte per convincerci che bisogna armarsi, armare e sostenere il conflitto. Indossano l’elmetto, lo fanno indossare a noi e poi loro, però, se lo tolgono, non pagano nessun prezzo alle scelte scellerate che fanno. I disagi, i rincari, gli aumenti dei generi di prima necessità li paghiamo noi. Tutti noi. Loro no. A loro, gli aumenti non incidono sul bilancio familiare, perché guadagnano decine di migliaia di euro al mese.

Allora voglio raccontarvi il grande imbroglio che ci propina il presidente del Consiglio Draghi. Per farlo userò le parole di Domenico Gallo, magistrato, presidente di sezione della Corte di Cassazione, da sempre impegnato nel movimento per la Pace. Scrive Gallo: “…insomma la politica ha indossato l’elmetto ed è scesa simbolicamente in guerra. Però questa settimana è stata superata un’ulteriore soglia, col passaggio dalle parole alle azioni di guerra. Il presidente del Consiglio Draghi nelle sue comunicazioni alle Camere, il 1 marzo, ha motivato la decisione di inviare armi al Governo ucraino, con queste parole: L’Italia ha risposto all’appello del presidente Zelensky, che aveva chiesto equipaggiamenti, armamenti e veicoli militari per proteggersi dall’aggressione russa. È necessario che il Governo democraticamente eletto sia in grado di resistere all’invasione e difendere l’indipendenza del Paese…La minaccia portata oggi dalla Russia è una spinta a investire nella difesa più di quanto abbiamo mai fatto finora. Queste le parole di Draghi.

In sostanza, prosegue Gallo, la lezione che il Governo trae da questi fatti è che bisogna incrementare la corsa agli armamenti. L’unica opzione esistente, secondo Draghi, è scegliere se farlo a livello nazionale o europeo. Lo scenario che si prefigura è quello della costruzione di un’Europa come potenza militare, armata fino ai denti, che costruisce le relazioni con i suoi vicini fondate sull’intimidazione invece che sul dialogo e la cooperazione: insomma la guerra fredda permanente”.

“Quello che non è stato spiegato al Parlamento e all’opinione pubblica, prosegue Gallo, è che la legge italiana sulla neutralità (regio decreto n.1415 del 1938, all. B, art. 8) vieta di fornire armi ai paesi in guerra. La ragione è semplice: chi fornisce armi a un paese in guerra partecipa al conflitto e quindi non può essere più considerato neutrale. Con l’invio di uno stock imprecisato e secretato di armamenti e di mezzi bellici, l’Italia abbandona la neutralità e diviene un paese belligerante, sia pure per interposta persona. Insomma, armiamoci e partite! Queste forniture, ha scritto la rivista militare Analisi Difesa, ci rendono a tutti gli effetti “belligeranti” contro la Russia. Si tratta di un atto di ostilità in senso tecnico, che come tale è stato percepito dalla Russia. In una nota ripresa dalla Tass il ministero degli Esteri russo dichiara: “Coloro che sono coinvolti nella fornitura di armi letali alle forze armate ucraine saranno responsabili delle conseguenze di queste azioni”.

Come si vede si tratta di una scelta gravida di conseguenze imprevedibili. Dalla doverosa condanna dell’ingiustificabile aggressione russa, siamo passati, sia pure ambiguamente, alla partecipazione al conflitto armato. Quasi senza accorgercene ci hanno calato in testa l’elmetto è arruolato nella guerra contro la Russia. In questo modo si alimenta il conflitto e si rende più impervia la strada per una soluzione negoziata. E quel che è ancora più grave si crea un’ulteriore pericolo di escalation della guerra, rendendo probabile il coinvolgimento della NATO. È allora togliamoci gli elmetti prima che un colpo fatale c’è li sbalzi dalla testa”.

di Claudio Caldarelli

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