Disarmiamoci per amore della Pace

“Ecco gli elmi dei vinti/ e quando un colpo/ c’è li ha sbalzati dalla testa/ non fu allora la disfatta/ fu quando obbedimmo/ e li mettemmo in testa”. Bertold Brecht.

Il miglior commento al drammatico momento che stiamo vivendo in perfetta incoscienza, manipolati dalla cattiva informazione che ci vuole convincere che inviare armi sia l’unica soluzione. Inviare armi, in questo drammatico momento, significa allargare i confini della guerra, sempre più vicina ad una “terza guerra mondiale”. Dal 24 febbraio, giorno di inizio della guerra, è esploso, non solo un conflitto fondato sulle armi, ma è dilagato in tutta Europa lo spirito nefasto della guerra. Una guerra, che ha parole, nessuno vuole, ma che nei fatti tutti sostengono, alimentano, aiutano, spingono a continuare. Una guerra fratricida dove i morti e i feriti sono gli unici perdenti. Una guerra che doveva essere fermata prima ancora di iniziare, ma che nessuno ha voluto fermare.

Ora, si materializza l’immagine del nemico ed è iniziata la mobilitazione bellica della comunicazione, della cultura e delle coscienze, asservite allo scopo non della Pace. Una comunicazione che non parla di disarmo, ma infonde false certezze nel condizionare le coscienze che l’invio di armi sia la panacea alla risoluzione della guerra. “La condanna secca e senza appello, scrive Domenico Gallo su Volere la Luna, si è trasformata velocemente nell’acritica accettazione della guerra. Di fronte a questo disastro, segno tangibile del fallimento della politica di sicurezza e cooperazione in Europa, le principali forze politiche, non solo in Italia, con il conforto del fuoco di sbarramento unanime del mass media, hanno assunto il linguaggio della guerra e si sono esercitate in una guerra delle parole contro il nemico.

Lo spirito della guerra comporta una divisione manichea dell’umanità, per cui tutto il male sta dalla parte del nemico è tutto il bene dall’altra. Il dissenso non è tollerato perché giova al nemico”. Un esempio lampante è quando la deputata europea Barbara Spinelli, è stat tacciata di essere filoputiniana per aver scritto su il fatto quotidiano che “il disastro poteva essere evitato, se Stati Uniti e Unione Europea non avessero dato costantemente prova di cecità, sordità, e di una immensa incapacità di autocritica e di memoria” è il corrispondente Rai Marc Innaro è stato oggetto dei fulmini del PD per aver osservato: “Basta guardare la cartina geografica per rendersi conto che chi si è allargato negli ultimi trent’anni non è stata la Russia, è stata la NATO”.

Ma il linciaggio mediatico più velenoso è quello effettuato contro l’ANPI e il suo presidente Gianfranco Pagliarulo, reo di aver scritto in un comunicato che: “ l’allargamento della NATO a Est è stato vissuto legittimamente da Mosca come una crescente minaccia”. Non sono ammesse critiche, di nessun genere. Nessuna verità deve essere diffusa. Dobbiamo indossare l’elmetto. Non ci devono essere ripensamenti, guai a chi comunica il contrario. Il segretario PD Letta addirittura consacra questa tesi sostenendo che: “quello che è successo dimostra che la NATO doveva fare entrare l’Ucraina prima. E che l’alleanza atlantica serve perché la democrazia va difesa”. Una strana concezione della democrazia difesa con le armi allargando i conflitti invece di stopparli. Una visione “guerrocentrica”, dove ogni ragione deve prevalere con una guerra. Ha queste visioni è necessario contrapporre le visioni “disarmocentriche” dei movimenti pacifisti non violenti, in cui la parola d’ordine deve essere “disarmo totale”.

Ricordate il Vietnam. Il Vietnam vinse perché aspirava ad una rivoluzione e a riunificare legittimamente un paese insidiato da una divisione artificiale sostenuta dagli invasori statiunitensi (USA) ci ricorda Tommaso Di Francesco. Quando i vietnamiti impegnati nelle trattative di Parigi passarono per Roma per parlare con il PCI, scrive Tommaso, chiesero di incontrare Aldo Natoli che nel frattempo era stato radiato con il gruppo del Manifesto. L’incontrò ci fu e a conclusione ricordo le parole di Aldo: i vietnamiti non vogliono armi, né combattenti, vogliono che intensifichiamo le manifestazioni per la Pace perché la guerra deve finire altrimenti non fanno più la loro rivoluzione… E quelle manifestazioni, quella potenza mondiale di milioni di giovani in tutte le piazze del mondo, credo che sia nata allora, pesò sui destini della guerra molto più di ogni invio di armi.

di Claudio Caldarelli e Eligio Scatolini

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