Madri senza nome

Ci sono immagini che da sole basterebbero per dire basta a questa guerra. Immagini dove i figli piangono le madri, giovani, morte per colpa dei bombardamenti o dei colpi di mortaio. Donne stese a terra, coperte a malapena da teli rimediati tra le macerie e tinti dal rosso del loro stesso sangue. Madri.

Figli, giovani rimasti orfani troppo in fretta e che dovranno imparare da soli a sopravvivere a questa guerra e a quello che questa guerra lascerà dietro di se. Figli che piangono sopra il petto di chi li ha allattati. Piangono in un silenzio rotto solo dai cupi boati dell’artiglieria a cui ormai non fanno più nemmeno caso.

Neppure i giornalisti che stanno documentando questo conflitto hanno il coraggio di rompere quel religioso silenzio. Assistono pietosamente non trovando la forza di intromettersi nel momento dell’ultimo saluto di un figlio alla sua mamma morta. Così non sapremo mai i nomi di queste madri, la guerra che passa accanto non concede sosta.

Ne vale la pena? Lo domanderemo domani a coloro che hanno provocato, a coloro che hanno occupato, a coloro che chiedono armi, a coloro che viva la Nato a coloro che… Ne valeva la pena?

Ricordiamoci di quelle madri coperte da lenzuoli bianchi, ricordiamoci delle lacrime di strazio dei loro figli, ricordiamoci di ricordarglielo, sempre, anche quando le armi taceranno e saranno ridisegnati nuovi confini, scontentando sia russi che ucraini nel nome di un nazionalismo ormai fuori tempo. Ne valeva la pena?

Il mondo non è di pochi, il mondo è di tutti, pochi però ne decidono le sorti. Papa Francesco dice cose sagge che dovrebbero essere ascoltate ma i suoi appelli passano in sordina nei canali televisivi. Tutti parlano della guerra, improvvisati strateghi, giornalisti dal fronte, giornalisti da poltrona, opinionisti, politici, e generali, insomma parlano tutti ma solo di guerra, quasi nessuno parla di pace.

La guerra corre veloce e ogni morte è un atto irreparabile, sia essa di un militare (da ambo le parti) che di un civile, soprattutto di un civile. Padri che imbracciano il fucile, madri che muoio, figli che piangono. Donne che in questa “strana” guerra piangono per i loro figli, per i loro mariti, ucraini o russi che siano. Piangono per quelle morti sacrificate per niente.

Dice Toni Capuozzo, giornalista, che di guerre ne ha viste e raccontate “… lo so da quando a Baghdad andavo a parlare con qualche imam alla Moschea di Umm al Marik, la Madre di tutte le battaglie, come l’aveva chiamata Saddam, ignorando che le madri odiano le battaglie…

Madri come quella sulla barella di Mariupol. Trasportata dopo il bombardamento di un ospedale. Si capiva che era incinta, si capiva pure che avrebbe partorito a breve. Sono morti entrambi, lei e il figlio che aveva in grembo. Quel figlio che avrebbe dovuto vederla invecchiare e che invece non si è mai affacciato alla vita.

Quando tutto sarà finito, perché finirà, come tutte le guerre avrà una fine, ricordiamoci di chiedere a chi ha permesso questa atrocità se ne valeva la pena.

Per distruggere basta poco per ricostruire ci vuole molto, specialmente se si deve ricostruire sulle macerie dei palazzi distrutti, sulle sepolture sparse nei parchi e nei giardini o peggio sulle fosse comuni di esseri umani uccisi.

Ascoltiamo le parole del Papa, le uniche che hanno motivo di essere ascoltate, le uniche che reclamano con forza la pace.

di Eligio Scatolini

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