Quest’ordine è già stato eseguito

“Quest’ordine è già stato eseguito”

Così si conclude il comunicato delle ore 22,45 del 24 Marzo 1944 che, dopo aver descritto i fatti di via Rasella, annuncia la volontà e l’entità della rappresaglia ordinata dai comandi nazisti e la sua avvenuta esecuzione.

Così i romani sono venuti a conoscenza dell’avvenuto massacro delle FOSSE ARDEATINE, ex cave divenute tomba collettiva e oggi luogo della memoria.

Superfluo forse, ma non inutile, ricordare rapidamente quelle drammatiche ore che dalle 15,46 del 23 Marzo, ora di inizio dell’attacco partigiano dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica) in via Rasella ad una compagnia del battaglione Polizeiregiment “Bozen” (tutti altoatesini) in cui trovarono la morte complessivamente 33 uomini, portano al tragico epilogo del giorno successivo, quando alle ore 20,00 è compiuto il massacro di 335 persone: politici, ebrei ,militari, operai, studenti, artigiani, intellettuali e anche un sacerdote.

Uno spaccato verticale della società romana.

Freddamente, ferocemente la vendetta ordinata e voluta è stata consumata!

Nel caos che si scatena negli alti comandi nazisti in seguito all’attacco partigiano, si evidenzia subito la volontà di vendetta, di rappresaglia. Si ipotizza la distruzione dell’intero quartiere, il massacro di 50 persone per ogni tedesco morto. Hanno perso la testa! Solo nella serata, dopo il ritorno di Kesserling che coinvolge anche i comandi superiori, viene stabilita l’entità della rappresaglia: 10 italiani per ogni tedesco morto.

Presa la decisione, la direzione delle ‘operazioni’ si trasferisce in via Tasso, sede del comando della Gestapo che svolge anche la funzione di “carcere domestico” e luogo di torture di ogni tipo sui prigionieri. E’ nelle stanze di via Tasso che la Gestapo riproduce, nei limiti che la struttura permette, le metodologie di annientamento della dignità della persona e del corpo sperimentate nei campi di sterminio. Dormire ammassati in stanze troppo piccole per il numero di persone che contengono; espletare le proprie necessità fisiologiche ed igieniche nudi, sotto lo sguardo del guardiano; subire le peggiori torture e… la fame

Oggi una parte dell’edificio ospita il Museo sella Liberazione.

Un altro luogo della memoria.

E’ qui che avviene la convulsa, caotica ricerca di 320 nomi (altri 10 si aggiungeranno per la sopraggiunta morte di un ferito) da inserire nella lista. Si inizia da chi comunque è destinato a morire perché condannato a morte o passibile di tale condanna e, ovviamente per un nazista, dagli ebrei.

Kappler, comandante di via Tasso, dopo una serie di incontri e ricerche, invia alle cave ardeatine 335 esseri umani che saranno eliminati come bestie al macello senza alcuna pietà. Perché 335 e non 330? Per errore? Per eccesso di zelo? Per ottusa mania nazista di andare oltre?

Comunque i cinque in più non verranno risparmiati, perché ormai erano lì ed avevano visto. Anche così, con indifferenza, si decide della vita di un uomo!

Assassinati come tutti gli altri: un colpo alla nuca sopra i cadaveri accatastati.

Così sono combattute, con crudeltà, e questo provocano le guerre: massacri.

Come quelli che si stanno compiendo in Ucraina e a cui il pensiero in questo momento non può non andare. Altri luoghi della memoria si stanno producendo. Teatri, scuole, ospedali, centri abitati grossi e piccoli. In qualcuno o in tutti un giorno verranno deposte le lapidi che onorano e ricordano quei morti.

Fosse Ardeatine, via Tasso, le Foibe, Debre Libanos (Etiopia, perpetrato dalle truppe di Graziani), Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema…

Srebrenica, Sarajevo, Sabra e Shatila…

Sono tanti i luoghi della memoria, troppi.

Milioni di esseri umani uccisi dalle guerre nelle varie forme in cui si concretizzano. Bombardamenti, vendette, pulizie etniche , tutte hanno un filo nero che le collega: l’indifferenza dell’uomo per il suo prossimo.

Quell’insensibilità che fa tirare il grilletto agli aguzzini delle Ardeatine oppure ai cecchini di Sarajevo, che fa schiacciare il pulsante di partenza di un razzo che ucciderà, che fa dire agli esecutori chiamati a risponderne ho solo obbedito ad un ordine.

Onorare i martiri delle Ardeatine e ricordarli oggi significa anche tener viva la consapevolezza che esiste quel filo nero e che è sempre necessario contrastarlo.

Spero che ogni commemorazione o ricordo di tragici fatti avvenuti, diventi occasione per evidenziarli tutti e che da ognuna di esse esca anche un appello, un richiamo a coloro che sono gli esecutori, ai soldati sul campo a non premere il grilletto, a non schiacciare il pulsante, ad uscire dall’indifferenza, a rifiutarsi di uccidere, a disobbedire. E’ possibile, è già accaduto. Certo è facile dirlo, so che è un’idea folle, ma è l’unica sensata: non uccidete, non uccidete più, non rendetevi complici di altri delitti contro l’umanità, siate consapevoli che dall’altra parte ci sono persone.

di Corrado Venti

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