Mátalo…

Mátalo…mátalo…mátalo…urla il pubblico, dalle balconate e dalla platea, alle Catarina, che impotenti assistono al delirante monologo “fascista”. Lo stesso pubblico, che aveva simpatizzato con la più giovane delle Catarina, quando, prima di premere il grilletto, aveva sollevato il dubbio. Un dubbio umano, filosofico, sociale, sulla utilità di “mátar” un fascista, come atto di vendetta, dopo generazioni, per pareggiare il conto delle violenze subite dai suoi avi.

Al teatro Argentina di Roma, la sera della prima nazionale, dello spettacolo di Tiago Rodrigues, “Catarina e a bellezza de matar fascistas”, il giudizio del pubblico è pressochè unanime: mátalo. Eppure, quello stesso pubblico, dall’inizio alla fine dello spettacolo, era stato assalito dal dubbio. L’ultima Catarina, la più giovane, attualizzando gli eventi, si scopre incapace di farlo. Per lei, la giustizia non può essere confusa con la vendetta, e la vendetta non può essere lo strumento per fare giustizia. La violenza non può essere la risposta ai soprusi che offendono la democrazia. La giovane Catarina, convince il pubblico, lo tira dalla sua parte. Genera quel dubbio che non ci permette di scegliere liberamente, anzi ci incatena in una nuova prigione dalla quale non si può uscire se non uccidendo. La ribellione a tutto questo è un nuovo modo di pensare, di essere, per cambiare il mondo e renderlo migliore. Anche se il fascismo, sebbene formalmente riferito ad un preciso periodo storico, ha la tendenza ad attraversare disinvoltamente più generazioni. Il fascismo è mutevole, moderno, attuale. Talmente attuale che da più parti stanno chiedendo di censurare lo spettacolo. Di chiudere il teatro. Di togliere la libertà di espressione, quella stessa libertà che aveva sollevato il dubbio.

Pasolini ci racconta il nuovo fascismo in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 1 febbraio 1975, “La scomparsa delle lucciole” in cui la sua metafora mette in evidenza un potere non fisico, immateriale, ma estremamente pericoloso e reale. Esso, il nuovo fascismo, non ha volto, dice Pasolini, quindi non possiamo attribuirgli alcuna forma di responsabilità, ma esiste, si ripercuote sulle nostre vite da più di mezzo secolo, modificando radicalmente la natura umana. Il nuovo fascismo, simile al vecchio, ingabbia e reprime qualsiasi forma di diversità, di minoranza, di pensiero. Tutto questo ritorno al passato, riunifica il giudizio delle vecchie generazioni con le nuove, quando, nel monologo finale, ci rendiamo conto che quelle cose così aberranti, per la democrazia, per la libertà, per la uguaglianza, sono le cose aberranti che ripetono tutti i giorni i vari leader europei, da Orban alla Le Pen, dai nazionalisti Cechi ai qualunquisti austriaci, dai nazionalisti polacchi agli intolleranti danesi. Un monologo che di apre gli occhi, elimina il dubbio e scioglie il dilemma storico-filosofico e la risposta univoca e nel sentimento del pubblico che con un urlo liberatorio si riappropria della propria libertà e della propria vita, unico modo per non tornare indietro nel tempo:màtalo…un urlo metafisico, astratto, immateriale, ma che evidenzia tutte le ambiguità e contraddizioni delle società moderne.

di Claudio Caldarelli

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