La censura è un fatto politico…

“Cerco di riprodurmi nell’immaginazione la meccanica di quel sentimento o sensazione o gruppo di sensazioni, che prova una persona nell’atto di scandalizzarsi. Beh, mi sembra che consista in questo: nel dolore, prima di tutto, non fare ciò che fanno i personaggi che scandalizzano (cioè una specie di gelosia) e di non farlo per una specie di auto proibizione che esaspera, poi, tale dolore…” scrive Pier Paolo Pasolini su Vite Nuove del 17 dicembre 1960.

Questo dolore si tramuta immediatamente in indignazione conformista, ossia la morale corrente si impadronisce di questa emozione, la fa sua e le dà gli argomenti. Così lo scandalizzato può difendersi dalla tentazione. Insomma, dice Pasolini, sulla censura si compie molto spesso un grande errore: quello di accettare la discussione sul piano moralistico-sessuale. Invece no: bisogna ignorare totalmente il loro ipocrita pretesto: è tanto chiaro che lo capisce anche un bambino, che la “censura è soprattutto un fatto politico” dove il sesso è una semplice e spudorata elusione…la censura intimidisce, minaccia, pone al pubblico un falso obiettivo, distorcendo la sua capacità di comprensione

Ma ieri sera al teatro Vascello di Roma, la comprensione non ci è stata distorta, anzi, il regista Leonardo Manzan e le attrici che hanno interpretato Glory Wall o Glory Hole, hanno rappresentato in modo eccentrico, ironico, e partecipato, “oltre ogni muro” il gradimento di unopera da screditare così come fa la censura. Lo scandalo sull’autore viene respinto dal pubblico, che acquista una propria individualità diventando (si riappropria della propria intelligenza essendo) parte attiva dello spettacolo stesso.

Uno spettacolo da sentire, da vivere, da leggere, da interpretare. Un muro che rende reale la “quarta parete”, ma che non separa completamente il pubblico dagli attori che comunicano attraverso “buchi” che man mano si aprono. Un muro che non separa, ma unisce. Una quarta parete fisica che in realtà sposta la “quarta parete” alle spalle del pubblico coinvolgendolo, chiamandolo alla partecipazione attiva con la richiesta di un accendino, di raccogliere e porgere libri, di interpretare personaggi famosi per la censura subita. Da Cristo ad AlBano (censurato dagli ucraini) passando per Giordano Bruno, De Sade e Pasolini. Ed il pubblico diventa palcoscenico, ribaltando, invertendo e intercambiando i ruoli.

Una riflessione sulla censura in un paese dove teoricamente non esiste che diventa un atto d’accusa verso l’autocensura dominante asservita al potere. Lo stesso potere che non impone, ma gradisce l’autocensura, che è anche molto più efficace della censura stessa. Alla tesi del regista-coautore “la censura dà credibilità alle opinioni che attacca” e, aggiungo, le rende famose, le diffonde, è testimoniata dal lungo elenco di personaggi censurati di cui tutti abbiamo sentito parlare. Chi ricorda i personaggi che accettano la pratica dell’autocensura, gli ossequienti, i lacchè, i proni davanti al potere e così ben esemplificati dall’espressione “sepolcri imbiancati”?

Un potere a cui lo spettacolo non risponde, non lo ossequia a tal punto che il regista autore ci mette la faccia, anzi ci mette il pisello e gli piscia in c… con gli applausi del pubblico a sostenere l’autenticità della rappresentazione.

Uno spettacolo che, diversamente dal solito, non si va a vedere, ma a vivere, a partecipare.

di Corrado Venti e Claudio Caldarelli

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