Caso Iuventa, a Trapani l’udienza per decidere sul rinvio a giudizio. Un altro processo contro chi salva vite in mare e in terra

Ancora una volta la solidarietà finisce sotto processo e ancora una volta la società civile e le organizzazioni per i diritti umani si sono dimostrate pronte a dare sostegno agli imputati e a manifestare contro  la criminalizzazione della solidarietà.

Il 21 maggio scorso, presso  la Procura di Trapani,  si è svolta la prima udienza per decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nei confronti di quattro membri dell’equipaggio della nave Iuventa, in un processo che vede coinvolte 21 persone e altre due grandi Ong come Save the Children e Medici senza Frontiere.

 I fatti riguarderebbero diverse operazioni di soccorso in mare, avvenute  settembre 2016 e giugno 2017. Secondo l’accusa gli attivisti avrebbero concordato i soccorsi con i trafficanti, anche se senza scopo di lucro e per motivi umanitari, e per questo rischiano fino a 20 anni di carcere. Nell’agosto 2017,  la nave è stata messa sotto sequestro dal giudice per le indagini preliminari di Trapani e da allora è ferma e incatenata nel porto della città siciliana.

Le indagini hanno suscitato un enorme clamore per essere state condotte attraverso intercettazioni telefoniche  e ambientali a giornalisti, avvocati e sacerdoti.

Dalla vicenda, il regista Michele Cinque, ne ha tratto il documentario “Iuventa”, in cui vengono raccontate le vicende della flotta navale Jugend, dalla prima missione fino al sequestro della nave Iuventa.

Kathrin Schimdt, una dei 4 imputati, in una recente intervista a Repubblica ha dichiarato: “Da quando la nostra nave è stata sequestrata più di 10000 persone hanno perso la vita nel tentativo di trovare salvezza in Europa. Altre migliaia sono state riportate forzatamente in Libia dove rischiano la tortura e la morte. Non permetteremo che questa guerra legale ci impedisca di agire in solidarietà con le persone in movimento”.

Sascha Girke, altro imputato, come riportato da Melting Pot Europa, ha invece posto l’accento sulla arbitrarietà del favorire l’ingresso a chi fugge da guerre e torture.

“Difronte alla guerra in Ucraina, diventa evidente come il diverso riconoscimento giuridico della facilitazione dell’ingresso di persone in difficoltà sia un atto politico arbitrario. La volontà dell’UE di aiutare in un caso è in netto contrasto con la criminalizzazione della fuga e delle strutture di supporto in altri, come nel Mediterraneo”.

di Nicoletta Iommi

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