Enrico Berlinguer

“Un popolo intero trattiene il respiro e fissa la bara, sotto al palco e alla fotografia./ La città sembra un mare di rosse bandiere e di fiori e di lacrime e di addii”

È l’11 giugno del 1984, Enrico Berlinguer è morto. Il 7 giugno a Padova, durante un comizio tenutosi per le elezioni europee, venne colpito da un ictus fatale. Si spense pochi giorni dopo nel dolore di un popolo intero. La sua fu una morte in prima linea, davanti ad una folla di compagne e compagni che tanto lo ammiravano per la sua passione sincera.

Enrico Berlinguer era nato il 25 maggio del 1922, quest’anno ricorre il suo centenario. Enrico, Segretario Generale del Partito Comunista Italiano, uomo simbolo di una politica idealista, vera, pulita, sincera, capace di trascinare le folle e le coscienze. Una politica di Sinistra, fatta di valori e di etica, ricordiamo il suo “ siamo il partito delle mani pulite” con cui definiva l’agire quotidiano di milioni di compagne e compagni, di amministratori, di sindaci, di consiglieri, ai quali chiedeva e pretendeva onesta e dirittura morale.

Enrico Berlinguer è stato un compagno di grande rigore morale, appassionato e onesto, che ha incarnato i valori della migliore Sinistra che l’Italia abbia mai avuto, in un momento storico difficile è pieno di tensioni come quello della Guerra Fredda.

Al suo funerale, in piazza San Giovanni a Roma, parteciparono più di due milioni di compagne, compagni, cittadini, donne e uomini di ogni età e ceto sociale. Tantissime suore e preti, quel giorno sfilarono  nella piazza. Un grande abbraccio collettivo, un saluto commosso: il popolo rosso piangeva. Si strofinavano gli occhi, tiravano su con il naso. Quasi per timore di esternare quella grande, unica, immensa commozione, per il loro Segretario. Per il loro Enrico, che aveva lottato apertamente per un ideale e lo aveva fatto sempre nei toni giusti, composti, garbati, che non siamo più abituati a vedere. C’erano le tute blu della Fiat, i suoi operai metalmeccanici che erano stati più di trenta giorni davanti ai cancelli di Mirafiori. E lui, Berlinguer era stato con loro, davanti a quei cancelli, a sostenere l’occupazione contro la dismissione, i licenziamenti e la cassa integrazione che gli Agnelli volevano attuare.

Enrico Berlinguer, capace di vivere la politica e coltivare l’interiorità, sarebbe piaciuto anche a Max Weber, padre della sociologia  e teorico del politico votato alla causa “a dispetto di tutto”. Così come piaceva a noi che lo abbiamo applaudito nei comizi di chiusura delle feste nazionali dell’Unità. Per ricordarlo pubblichiamo la parte finale dell’accorato  appello con il quale Enrico Berlinguer si congedò dai militanti del Partito a cui aveva dedicato l’intera esistenza:

“…e ora, compagne e compagni, vi invito a impegnarvi tutti, in questi pochi giorni che ci separano dal voto, con lo slancio che sempre i comunisti hanno dimostrato nei momenti cruciali della vita politica: lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda, dialogando con i cittadini con la fiducia per le battaglie che abbiamo fatto, per le proposte che presentiamo, per quello che siamo stati e siamo. È possibile conquistare nuovi e più vasti consensi alle nostre liste, alla nostra causa, che è la causa della pace, della libertà del lavoro, del progresso, della nostra libertà. Parole che pesano, pronunciate dal Segretario Generale del Partito Comunista Italiano, nel comizio in cui ebbe il malore che gli fu fatale. Questa la testimonianza che ci ha lasciato e che noi facciamo nostra.

Ciao compagno Enrico Berlinguer.

di Claudio Caldarelli

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